MA COME SI FA A METTERE IN GALERA ERRI DE LUCA!

Se ciò accadesse, il 19 di ottobre, restare cittadini italiani diventerà un problema.

“Vedi qualcosa?” chiese Gesù al miracolato che aveva acquistato la vista per la prima volta. “Vedo gli uomini,” rispose quello, “poiché vedo come degli alberi che camminano.”

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Dialogo sulle parole contrarie. Teatro Comunale, Belluno, 10 ottobre 2015.

Ho ancora vive le parole, la poesia, la gentilezza di Erri De Luca ascoltate nel film Alberi che camminano. Nel pomeriggio, il nostro dialogo con Mauro Corona sulla necessità delle parole contrarie, non so se sia riuscito bene. Credo di sì, a sentire gli altri. Per mio conto non proprio, o almeno, non del tutto… nonostante un Mauro Corona magnifico, dal grande ritmo, super per l’occasione. Da parte mia non sono riuscito a sottolineare tutto ciò che io credo serva per difendere Erri. Mi era stato detto di essere cauto perché ci sarebbe stata la Digos. Per motivi tecnici – dicono – la regia non è riuscita a farmi passare il video della carica agli eurodeputati avvenuta la settimana scorsa a Chiomonte. Quello di Gaber sì. Li riporto in calce.

La sera, poi, con il Teatro Comunale zeppo di gente, a film concluso, dove nessuno si alzava, d’accordo con Erri e Mauro di non prendere la scena a proiezione finita, sono stato obbligato dal “sentimento della sala” a salire, almeno noi, io e Flavio Faoro, direttore artistico di Oltre le vette, per un saluto. Di fronte alla poesia del film e dopo il duro (per me) incontro del pomeriggio, non sono riuscito a dire altro che una sola parola: “Erri”, indicandolo con il braccio teso, giù in platea, e di concerto, Flavio, molto bravo, ha detto “Mauro”. Mauro ed Erri si sono alzati in piedi tra lo scrosciare sincero degli applausi del pubblico, che finalmente usciva dall’apnea del film e infine Flavio, per mia fortuna, e involontaria assenza, ha salutato tutti.

Dopo il fuggi-fuggi generale in cerca degli autori e le nostre faccende tecniche di regia, ci siamo salutati anche noi. Ho preso per un attimo da una parte Erri e gli ho detto, a voce bassa: – Ma come si fa a mettere in galera uno come te, dopo la poesia del film, le parole e le intuizioni che continui a donarci… Come si fa? – Erri mi ha risposto con un sorriso. Mi veniva quasi quel pizzicore che si trova a p.18 del suo libro, ma più misto a un senso di pietà e dolore per le nefandezze della bestia uomo che in fondo siamo, senso che smorza il montare del sangue e la volontà di ribellarsi contro la becera nostra natura che sta per autoinfliggersi una pena tremenda. Una pena che ci rinchiude in un buco. Una galera.

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Erri De Luca, in ascolto. Teatro Comunale, Belluno, 10 ottobre 2015.

Mettere in galera Erri De Luca è come se l’uomo decidesse di mettere in gattabuia la parte migliore di sé, la poesia. Una parte indubbiamente bella. A volte scomoda. Specie se punta i piedi contro la prepotenza dell’economia, l’arroganza della filosofia, l’insipida forza perforatrice di ogni scienza. Se poi oggi, tecnica, scienza ed economia stringono alleanza senza la difesa di un pensiero critico – senza l’aiuto della parte sana della filosofia – siamo perduti.

Ma ci pensate? La galera per un uomo così gentilegens, che appartiene alle genti e alle relazioni tra di esse – pacato nei modi, cordiale con tutti, attento agli ultimi, che è tutto tranne che un violento. Un uomo di pace e che ispira fratellanza, che come ognuno di noi ha il proprio passato, le sue storie, i suoi percorsi, discutibili, opinabili, in accordo e in disaccordo, chi non li ha?… ma che mai ha istigato violenza. Il contrario. Uscire da una sua opera, sia un libro o sia un film, è uscire “benedetti” dall’etimo della parola gente e dei suoi derivati.

Io invito (in modo imperativo) il Giudice e i suoi accusatori di andare in libreria a prendersi il film Alberi che camminano, di guardarselo e poi di domandarsi, alla fine del film: «Ma come si fa a mettere in galera uno come Erri De Luca, un uomo dalla cui voce esce poesia?». Sì, per carità, esce pure impegno civile e fermezza! Non certo parole di una tale irrazionalità giurisprudenziale, che dire irrazionale è poco. Quale persona di senno può dare credibilità a quello che è scritto, a pag.11 dello stesso libro, contro di Erri? – «Per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, pubblicamente istigato a commettere più delitti e contravvenzioni». – Qui si rischia la Caporetto del Diritto di un’intera nazione.

Gentili giudici e avvocati, se veramente lo siete, andate a prendere quel film, non ve ne pentirete. È per il vostro bene.

Basterebbe quel ridicolo “azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso”, assolutamente e categoricamente insostenibile già di suo, messo ora di fronte alla poesia di “Alberi che camminano”, per far saltare in aria tutta l’accusa. Senza bisogno di perdere tempo o alimentare architetture legali. Vorrei capire – vedere – in quale luogo si trova il disegno criminoso di De Luca. Me lo mostrino i magistrati! E mi dimostrino quali siano le azioni esecutive che seguono da questo disegno. “Medesimo”! Non esistono. Né l’uno, né le altre. Punto. È una farsa ad uso commerciale. Demenziale, se applichiamo i fondamenti della logica. Esiste invece la poesia di De Luca, la sua regia e sceneggiatura dietro a un film come Alberi che camminano. C’erano centinaia di persone al Teatro Comunale di Belluno che possono testimoniare questa sua regia, sabato sera, 10 ottobre 2015. Questo suo disegno, questa sua poiesis. Al processo De Luca non è mai comparso un testimone ad attestare quel “disegno” criminoso, quella medesima regia criminosa di qui è stato incriminato. “Disegno”, non so se capite l’importanza giuridica e antropologica della parola.

Disegno… con l’aggravante dell’aggettivo medesimo! Inqualificabile.

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Erri De Luca e Alberto Peruffo ascoltano la testimonianza di Mauro Corona. Teatro Comunale, Belluno, 10 ottobre 2015.

C’è un altra cosa che vorrei dire e che mi è tornata in mente l’indomani, mentre rientravo da Belluno, passando sotto i Monti della Schiara. Ricordando le “accezioni gentili” del verbo sabotare – con il caso da ex-cipere “le cesoie servivano”, fatto simbolico e per sé irrilevante per un cantiere gigantesco, come per tutti cantieri militarizzati (si veda Vicenza, Base Dal Molin), inoltre declinato al passato e che potrebbe suggerire che l’autore ha mille altri modi gentili per indicare il sabotaggio – a tutti noi sarebbe piaciuto sentire qualche altra autorità morale (in più e in qualsiasi ambito, non solo artistico-culturale) a prendere le parti di De Luca, non tanto e solo in fatto di libertà di espressione (molti lo hanno fatto per questo), ma “nel merito” della TAV. Di fermare la TAV. Alla fine, un poeta come De Luca che dice e ribadisce quello che ha detto, per noi lettori, cittadini, amanti della lettura, che lo conosciamo da una vita, dai suoi libri, è, per via paradossale e retorica – attenzione alla simpatica metafora – è come se per i cattolici presenti in Piazza San Pietro, durante la messa domenicale di domenica scorsa, Papa Francesco avesse detto affacciato dal suo balcone, con quel suo modo angelico e fraternizzante: “Fratelli, sorelle, mi è giunta voce dalle terre dove visse Papa Luciani, nella meraviglia del Creato che sono le Dolomiti, di un terribile processo. Raccomando a tutti voi di non trascurare il Creato e di ricordare la Giornata internazionale per la riduzione dei disastri naturali, spesso causati dall’uomo, imminente. Perciò, gentilmente, vi chiedo di sabotare la Tav. Sa-bo-ta-te la Tav, cari amici credenti e non-credenti. In modo gentile, fermatela… Fermate con amore e gentile rigore quel mostro di macchina che sta distruggendo una valle, che sta sabotando la sua umanità. Fatelo, per amor di Dio. Andate in pace e portate gli zoccoli della compassione – i vostri sabots de l’amour – nei meccanismi del potere diabolico che l’uomo ha messo in opera per distruggere se stesso. Così sia». – O una cosa del genere.

State certi che se il Papa arrivasse a dire parole sui generis TAV, esse avrebbero il suo forte peso, ovviamente molto di più del bistrattato Barbiere di Bussoleno. Erri non è certo il Papa, ma è proprio qui che casca il palco dell’accusa. Gli è stato infatti “notificato” che pure le sue parole “hanno avuto” il loro forte peso e per questo vogliono metterlo in carcere, perché non tanto hanno esacerbato la situazione “vandalistica” – fatto indimostrabile e irrilevante di fronte all’apparato militare messo in campo per proteggere i cantieri – ma perché danno immenso fastidio a chi manovra “montagne” di soldi senza l’inciampo del dissenso. Ecco il punto. Del dissenso morale. Del dissenso civile che la poesia può dare… e delle forze incontrollabili che essa può generare. Che non sono forze vandaliche, barbariche, ma civili! Che sfuggono al controllo di ogni potere. Non sono le parole dei cialtroni della politica che tutti conosciamo e che nessuno pratica. Perché ad Erri gli è stata riconosciuta – i magistrati neppure se ne sono resi conto quando hanno tirato fuori la storia del barbiere – ad Erri gli è stata riconosciuta un’autorità morale. E un’autorità morale che parla [fuori dalle scritture artistiche, dalle canzoni – n.d.a.], che è presente fisicamente nelle piazze, diventa un pericolo pubblico se dice cose contrarie ai grandi interessi privati. Come lo sta diventando il Papa. Per questo alla fine di ogni omelia Papa Francesco invoca, quasi en passant, un “pregate per me”. Quello che volevo fare emergere è che non solo non ho sentito molte altre autorità morali a dire, nel merito: «la TAV fa fermata!». Dove sono? In che Paese viviamo? Ancora peggio: non ne ho sentito una che sia una a dire: «la TAV va fatta!».

Perché dobbiamo allora farla senza battere ciglio di fronte a 32000 firme che già nel 2007 dicevano no e perché dobbiamo dare ascolto a questi avvocati accusatori ingaggiati da una società privata?

In un Paese dove il diritto sta per fallire, dove gli eurodeputati vengono caricati dalle Forze dell’Ordine, in un Paese senza autorità, autorialità, autorevolezza, lasciatami incastrare bene le parole… in un Paese dove gli autori di poesia civile finiscono in carcere… se ciò accadesse, di un Paese del genere non vale la pena farne parte. Ecco perché ero partito con Gaber. L’appartenenza.

Chiudo con il titolo: MA COME SI FA A METTERE IN GALERA ERRI DE LUCA!

Mi viene da strapparmi il cuore di rabbia e di dolore.

Se ciò accadesse, il 19 di ottobre, restare cittadini italiani diventerà un problema e bisognerà riformulare i criteri di appartenenza a uno stato di diritto che non esiste più, seppellendo lo ius sanguinis in altre geografie.

Per cercare pace e civiltà altrove.

Alberto Peruffo
Montecchio Maggiore, 12 ottobre 2015

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HYPERLINKS

Libertà e resistenza dal Vajont alla Val di Susa
http://iostoconerri.net/2015/10/12/liberta-e-resistenza-dal-vajont-alla-val-di-susa/#more-17691

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A confronto con Mauro Corona, De Luca insiste: «La Tav va sabotata»
http://www.ilgazzettino.it/NORDEST/BELLUNO/confronto_mauro_corona_erri_de_luca_tav_sabotaggi_belluno/notizie/1614438.shtml

VIDEO GIORGIO GABER

VIDEO CARICA CONTRO GLI EURODEPUTATI IN VISITA AL CANTIERE DI CHIOMONTE
3 ottobre 2015

Botte e spintoni agli europarlamentari in visita al cantiere tav di Chiomonte
http://www.notav.info/post/botte-e-spintoni-agli-europarlamentari-in-visita-al-cantiere-tav-di-chiomonte/

1 Comment

  1. Precisazione della parentesi quadra riportata in seguito, verso la fine del testo.

    “E un’autorità morale che parla [fuori dalle scritture artistiche, dalle canzoni – n.d.a.], che è presente fisicamente nelle piazze, diventa un pericolo pubblico se dice cose contrarie ai grandi interessi privati”.

    (per ricordare un passo del dialogo di sabato, quando Erri ha precisato che se avesse “cantato” le parole incriminate, non sarebbe oggi sotto processo) – questo a rafforzare l’ipotesi che non è tanto la libertà di espressione di un artista che è sotto processo, ma il fatto che esso, come autorità morale si esponga fisicamente, oltre i suoi libri, le sue produzioni, a dire qualcosa di contrario ai poteri/interessi dominanti

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