PFAS MICROFONO APERTO | la MITIGAZIONE del danno | l’inconsapevole LEGGEREZZA dell’ARPAV

Riportiamo sotto gli ultimi passaggi della lotta NO PFAS.

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1 dicembre 2017
Il testo e l’immagine della nuova convocazione.

convocazione 15 dicembre DEF

Cari amici e compagni nella lotta NO PFAS,
è giunto il momento di ritrovarci.
Tutti.
Allego sotto piccola immagine di richiamo usata nei social e il relativo testo.
Credo non servano ulteriori spiegazioni.
Ognuno di noi conosce l’evoluzione degli eventi fino ad oggi.
Cosa faremo domani?
Lo vedremo, insieme.
Con voi, e con i nuovi arrivati.
Buone cose.
ap
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CONVOCAZIONE TUTTI INVITATI NESSUNO ESCLUSO
Tutti invitati a parlare, a dire la propria, a conoscersi di persona, a scambiarsi idee, opinioni, timori, differenze, amicizia. Un microfono aperto. Che passa di mano in mano. In una grande sala, spaziosa, aperta. A molteplici voci. Centinaia di persone tutte riunite per la soluzione di un grande problema e per disegnare scenari futuri.Giovani, mamme, genitori, cittadini attivi.
Nessuno escluso.
A grande richiesta.
Prima di Natale.

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24 novembre 2017
Il testo e l’immagine sui social dopo la serata di Minerbe
Schermata 2017-12-02 alle 09.02.31
LA STRADA PER MINERBE. L’INCONSAPEVOLE LEGGEREZZA DELL’ARPAV E DELLE AUTORITÀ
[per chi non c’era ieri sera]
Nel silenzio della notte, 35 chilometri attraverso la campagna veneta sono molti, infiniti se si viaggia soli, in auto, tra le prime nebbie. La storia dei PFAS sembra un sogno, un incubo che emerge dai campi che attraversi. Ieri, andando e tornando da Minerbe a Montecchio, ho avuto la percezione fisica della grande contaminazione. Considerando che abito a 5 km dalla Miteni, sono circa 40 i chilometri di distanza che separano la fabbrica di Trissino dal Teatro del piccolo abitato situato tra Lonigo e Legnago. Quaranta (!). Alcune brevi impressioni su quello che è stato detto ieri sera.

1. Essendo arrivato in ritardo, non ho potuto assistere alla presentazione dell’Assessore Coletto e ho visto solo le conclusioni della Russo. Sentendo poi gli altri attivisti, presenti in sala, a fine sera, sembra che il report sia stato lo stesso di quello che abbiamo in mano, consegnato alla stampa. Si attende il documento completo per capire le geolocalizzazioni dei campionamenti e molte altre cose. Le conclusioni della Russo, il suo parlare, riflettono l’imbarazzo della Sanità di fronte alla diffusa contaminazione. In parole volgari, per il popolo, metaforiche, dice: “siamo nella emme, ma pensavo peggio. Mangiate tranquilli, specie i cibi industriali… stiamo lavorando per voi” (virgolettato mio). La Russo è stata protagonista di un curioso passaggio: non ha voluto capire l’intelligente domanda di una mamma di Montagnana, che diceva più o meno questo: “Perché la Sanità del Veneto non ha avvisato i cittadini nel 2013 che stavano bevendo acqua contaminata/filtrata così da lasciar liberi i genitori di avvelenare oppure no i propri figli con acqua non-filtrata, o, se filtrata, a quei tempi non ai livelli di oggi? Perché non ci ha avvisato subito e ha avvisato solo i gestori dell’acqua? E perché questi non hanno avvisato i sindaci e se lo hanno fatto perché i sindaci non hanno avvisato i cittadini?”. La Russo ha fatto orecchie da mercante. Come Coletto e Dell’Acqua, al suo fianco. E dov’era l’annunciato Mantoan. L’ex direttore dell’emergenza PFAS. Possiamo dire così di quest’uomo scomparso dagli occhi del pubblico? Questo fa capire qualcosa sulla grandezza tardiva della Sanità Veneta, delle sue analisi, del sangue e degli alimenti, ieri celebrate. O cerebrate.

2. Per la prima volta ho sentito Dell’Acqua, il direttore dell’Arpav, dal vivo. Persona di alta competenza, come la Russo. E’ indubbio che stanno facendo il massimo, ora. Anzi, Dell’Acqua si è insediato da poco ai vertici dell’Arpav e ha nel suo curriculum esperienza di bonifica e di valutazione di impatto ambientale (membro della Commissione VIA Veneto dal 2013 al 2016 e di altri incarichi importanti al Ministero). Spiace proprio per questo sentirlo dire che la tranquillizzante relazione della Russo lo è sì, ma non troppo, perché in alcuni punti della zona rossa – potenzialmente agricoli – ci sono evidenze di concentrazioni di PFAS ancora elevatissime (dai 5000 ai 30000 nanogrammi) e fin quando non si rimuove la fonte dell’inquinamento – la MITENI et relata – non inizierà la bonifica strutturata di tutta la zona, perché altrimenti sarebbe inutile. Ha usato pure un aggettivo poco chiaro: “commerciale”. Non tranquillizzante dal punto di vista commerciale (?). Spiace soprattutto sentirlo scivolare in un excursus storico dell’inquinamento delle nostre valli arrivando a dire che gli industriali – come gli amministratori della Miteni – negli anni passati scaricavano direttamente nei corsi d’acqua e qualcuno “inconsapevolmente” sotterrava i rifiuti nei terreni. INCONSAPEVOLMENTE !! (??). Sotterrava… Caspita! Penso che Luciano Ceretta si sia rivoltato nella tomba e tutti noi, che abbiamo in mano la sua relazione del 1995, sulle sedie. Gentile Dell’Acqua, un po’ di attenzione nel lessico alzerebbe la credibilità sua e della sua agenzia per l’ambiente. Perché, ritornando alla domande del pubblico, tutti ancora ci stiamo domandando dov’era l’Arpav prima del 2013 – visto che lei ha affermato che l’Agenzia si è mossa immediatamente appena ricevuta la notifica dell’inquinamento da PFAS – dov’era l’Arpav di fronte a una fabbrica sotto normativa Seveso e che si sapeva, già nel 2009 (forse prima), che produceva queste sostanze derivate dal fluoro!! Perché, caro Dell’Acqua, i derivati dal fluoro non sono sostanze nate nel 2013, ma composti oramai vecchiotti e qualche documento la fabbrica doveva pur consegnarlo ai clienti, alle autorità che rilascia l’AIA, etc. Il NOE stesso dice “tutti sapevano”! Proprio tutti? E l’ARPAV dov’era? Sono due le ipotesi, visto l’alta competenza di chi ci lavora e il rispetto che tutti noi abbiamo per ogni genere di lavoro. O dormiva. O era stata addormentata. Addomesticata?

3. Infine, chiudiamo il sipario con l’atteggiamento da bar del Sindaco di Minerbe, che seduto a lato dell’Assessore Coletto, “inconsapevoli” che avevano microfoni ambient, commenta la prolissità meccanica della brava dottoressa Russo, tutta schemi e slide. Coletto glissa dicendo che, se nessuno la ferma, può parlare una giornata intera. Ma questo sottile complimento è niente di fronte all’insolenza del Sindaco di Minerbe, che scalzante, in cima al palco, invita a voler chiudere la serata il prima possibile, senza tirarla lunga con inutili domande, “chiacchiere”, dice lui. Peccato che le chiacchiere fossero domande intelligenti, come quella citata al punto 1 o altre fatte da signori e mamme, preoccupati e avvelenati, oltre che molto preparati. Certo, ammetto, Coletto, forse ha detto l’unica cosa seria e determinante. “Dovete spiegarmi perché il governo non ha ancora posto i limiti per queste sostanze?”.

In conclusione, se loro sono tranquilli, noi non lo siamo. E non li lasceremo tranquilli. Ma sotto osservazione. E la risposta all’ultima domanda la troveremo noi, visto che voi – autorità regionali – non siete stati in grado di farla scaturire. Forse perché si viaggia attraverso i PFAS troppo inconsapevolmente. Come fossero una leggera nebbia che si alza dai campi. E che sparisce appena si rientra nel sicuro delle proprie case, dei propri uffici, dei propri ruoli.

Non è così.
ap

PS A proposito della “emme”, biochimicamente parlando, non è ragion sufficiente per noi l’argomento della Dose Giornaliera Tollerabile, ossia assimilabile, la TDI dell’EFSA, di codeste sostanze, espresso dalla Russo. Perché l’accumulo dei PFAS (il quinto fattore di rischio che solo il Veneto ha, apprendiamo: questo è un primato che bisognerebbe sottolineare in modo obiettivo, non tanto “siamo i primi al mondo a fare questo, a fare quello, a studiare il tutto”), l’accumulo, dicevo, contraddice la sostenibilità. Non solo, ma non è neppure argomento scientificamente valido per farcela ingoiare, quotidianamente, la chimica emme, come altri illustri scienziati affermano contro l’EFSA. Bensì è solo un escamotage delle bassezze umane, funzionale al largo consumo utile a chi capitalizza i relativi profitti. Infine, e di conseguenza, vorrei che Dell’Acqua spiegasse meglio quell’aggettivo poco tranquillizzante – “commerciale” – associato agli alimenti.

— presso Minerbe.

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21 novembre 2017
Il testo e l’immagine social dopo la pubblicazione delle analisi sugli alimenti.
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MITIGAZIONE DEL DANNO. SVOLTA NECESSARIA ORA. PRIMA DI MINERBE
[scusate se è lungo, ma è una scrittura di programma, richiesta da molti amici]
>> qui goo.gl/zF6GAF in PDF per una lettura più agevole <<

Cari amici del movimento NO PFAS,
siamo a un punto decisivo. Sono arrivate le analisi degli alimenti. La Regione e il Governo hanno messo in campo le loro dichiarazioni d’intenti, i loro progetti. La MITENI ha alzato, per così dire, una specie di bandiera bianca.
Vi scrivo alcune impressioni e poi vorrei che ognuno facesse le sue e magari, non più tardi di 2/3 settimane, ci trovassimo tutti, veramente tutti, anche i nuovi nati, per un’assemblea generale, in una grande sala, questa volta senza tecnici, senza assessori, senza ministri, senza primogeniture, ma semplicemente noi cittadini per decidere dove andare e cosa fare. Il momento lo richiede. Le analisi, i progetti, le dichiarazioni – tutte difficili da valutare, hanno creato un clima di sospensione. E non è un caso che ora – dopo più di un anno – Domenico Mantoan, Francesca Russo, Luca Coletto, Nicola Dell’Acqua, lo Stato maggiore della Sanità della Regione si presenti congiunto a Minerbe, giovedì prossimo.
Eppure nessuno di noi ha dimenticato lo scontro tra Mantoan-Coletto-Bottacin-Zaia, l’insabbiamento delle carte citate nel famoso articolo di Marco Milioni, i passi avanti e i passi indietro della Regione. Sembra che tra loro debba avvenire ora qualcosa di disteso, mite, solidale. Considerate che tutti i 4 presenti a Minerbe sono coinvolti nel documento del 17 novembre 2016 (pure Dell’Acqua), a seguito della riunione del 21 ottobre, emersa alla cronaca solo nel gennaio del 2017. Basterebbe chiedere delucidazioni su questo fatto per accendere i fuochi della serata di Minerbe [in allegato alcune pagine del documento].

Vorrei perciò sottoporvi 3 programmatiche considerazioni, a prescindere da quanto succederà a Minerbe.

1. Le analisi sugli alimenti stanno creando perplessità. Dati aggregati, mediane dei valori e localizzazioni dei campioni non possono non sollevare qualche forte dubbio. Le stiamo studiando. Forse a Minerbe qualcosa in più sapremo. Un dato è certo: la contaminazione c’è ed è stata causata da qualcuno e da qualcosa sui quali non sembrano esserci dubbi. Alta o bassa, a noi poco importa. Quelle sostanze non vanno né assimilate, né “accumulate”. Dichiarare che non c’è niente di allarmante, sembra più una dichiarazione funzionale all’economia di larga scala per mitigare il danno, non alzare troppa polvere nei grandi mercati, dove il Veneto è protagonista. Ma purtroppo il verbo “accumulare” – questa volta non solo soldi – ma anche veleni, gioca contro le piccole quantità non allarmanti. E’ l’accumulo graduale che qui provoca la pre-occupazione, l’allarme. Ed è su questo che non si è mai voluto applicare la pre-cauzione. Forse perché si preferiva accumulare soldi e favori.

2. Visto che le parti in gioco vogliono giocare, si evince questo: la improcrastinabile necessità di avere fonti pulite “si gioca” sul rimpallo Governo/Regione. Trovo poco maturo per una civiltà “giocare una partita” di così alta responsabilità a fior di cavilli, di norme burocratiche e di assetti partitici. Se in Regione e al Governo si volesse davvero il bene della gente, e non delle “parti in gioco”, si troverebbe presto una soluzione congiunta. Ma purtroppo non si trova e si deduce che viviamo in un paese con un grado di civiltà molto basso. O in repentina discesa. Altro indizio: ci si vuole rifugiare nello Stato di Emergenza per il Veneto, quando invece l’unico stato che non si è mai voluto dichiarare – tra le parti in gioco – è lo stato di negligenza. Di molti dirigenti. Facendo saltare le poltrone giuste. Ma – attenzione – negligenza pure delle cittadinanze. Faccio ora una forte provocazione: secondo me, si dimostreranno ancora più immaturi i cittadini del Veneto – più dei loro assessori – a dire che non vogliono pagare l’eventuale compartecipazione alle spese del danno, come sta dicendo la Regione (gli assessori e cittadini tutti dovrebbero rileggere la storia del Veneto tra gli anni 50 e 70 per capire gli aiuti di Stato e gli affanni del Veneto post guerra). Un conto è dire non paghiamo le bollette per protesta, un altro dire non compartecipiamo a risolvere il danno. Mi spiego: dato per logico che il principio «chi inquina paga» deve avere un risvolto giuridico e che si spera che la MITENI paghi, fintanto che non succederà ciò… io trovo sacrosanto che PURE i cittadini debbano partecipare alla spesa di rinnovamento delle fonti perché la maggiorparte di essi sono corresponsabili del sistema in atto che ha permesso per anni alle aziende di inquinare e alla parti coinvolte di non controllare. Di chi è espressione questa classe dirigente? Questo sistema? Dove avete vissuto finora? Quando vi siete svegliati? A chi avete dato fiducia nelle ultime elezioni o al referendum? Come vi siete vestiti o cosa avete consumato? Come portate i vostri figli a scuola? In auto o a piedi? Anche quando non è necessario? A queste domande credo che dobbiamo rispondere e solo pochi potranno affermare di avere remato contro questo sistema: solo quei pochi attivisti che ancora 10/20/30 anni fa combattevano per queste cause. Tutti gli altri è giusto che paghino i danni del sistema che più o meno hanno avallato, magari fino al giorno prima di scoprire di avere i propri figli contaminati da PFAS. Lo dico senza cattiveria o rancore. Ma è solo un dato di fatto che potrebbe aiutare a cambiare il sistema. Non si eliminano gli errori con un paio di mesi di indignazione e di attivismo. Pagando i propri errori si cresce. Lavarsi le mani con l’acqua sporca non porta a nessun risultato, in fatto di pulizia.

3. Ultimo, ma primo per cambiare il sistema, la MITENI. Le ultime dichiarazioni dell’Amministratore Delegato che si appella al Quirinale, per salvare l’azienda dal blocco funzionale alle indagini, sono forse il canto del cigno del povero Nardone. Perfino il Responsabile della Sicurezza – Davide Drusian – ha ammesso di fronte alla Commissione Bicamerale Ecomafie che i carotaggi arrivano fino a un certo punto perché oltre significherebbe andare a bloccare gli impianti. Cosa ci sarà mai sotto gli impianti da non dovere procedere sotto il fragilissimo argomento che si blocca la produzione? Letame? Interessi nazionali e internazionali per cui le produzioni di queste molecole non si possono interrompere, come i mercati militari delle economie di guerra o altro di cui non sappiamo? Un motivo in più per interrompere tutto. Io dico che ora o mai più la MITENI va chiusa. Gli operai presi in carico dalla comunità e ricollocati in aziende sane del territorio. Nardone e le multinazionali rispedite da dove sono venuti, insieme con i Marzotto, dal mondo del profitto senza scrupoli, dal mondo dell’inquinamento a prescindere, dal mondo che nessuno di noi vuole perché è pericoloso e inabitabile, mentre loro vivono in appartamenti lussuosi o in ville protette, rapinando il bene comune, primario, di comunità intere.

In conclusione nell’agenda del movimento io vedrei, per priorità, capovolgendo i punti sopra:

1. La chiusura “coordinata” della MITENI. Non possiamo volere fonti pulite senza eliminare la causa principe. Sarebbe un falso risultato. Se ciò avvenisse – la chiusura definitiva della MITENI – oltre che per il valore fisico della bonifica all’ambiente, avrebbe un ALTO VALORE SIMBOLICO per tutta la valle, forse per l’Italia intera: significherebbe che finalmente qualcuno dopo 40 anni di delirio economico ha deciso che bisogna davvero cambiare strada: lavorare in modo pulito, senza più compromessi, insabbiamenti, rifiuti tossici, collusioni di vario genere, inquinando e ricattando lavoratori e cittadinanze con l’illusione del lavoro e di un finto benessere. Sarebbe un passaggio epocale che darebbe immaginario a un’intera Regione, alla nuove generazioni, ai giovani. Forse anche ai nuovi politici. Per fare questo invito tutte le forze in campo ad un futuro Presidio Permanente davanti alla Fabbrica e, visto che è stato chiamato in causa il Quirinale, a chiedere audizione presso il Presidente della Repubblica per controbattere il sistema di argomenti messo in opera dalla Miteni in questi giorni.

2. Una pressione sempre più forte per le nuove fonti, con la compartecipazione di tutti, Governo, Regione e Cittadini Attivi, pronti ad affrontare le spese – davvero necessarie per i nostri figli, non per sport politico! – per essere poi – ci auspichiamo, e qui chiediamo la determinazione della Magistratura – ripagati dei danni dalla Miteni.

3. Il non-accanimento sanitario in fatto di spese e di energie da parte di Regione e Governo, con decine di milioni spesi in pratiche per niente sicure (plasmaferesi) e in analisi certamente utili, ma non prioritarie, perché fin quando non si eliminano le fonti di contaminazione (punto1) e non si hanno fonti pulite (punto 2: la cosa più efficace per pulire il sangue è bere acqua pulita, tanta!) non si pulisce il sangue, sangue che, a prescindere da tutte le analisi che si stanno facendo, si sa che è contaminato e che la contaminazione è un aggravante del rischio, rischio che può portare a patologie più o meno pericolose, più o meno letali, in parole povere, a vedere i nostri figli e i nostri cari ad ammalarsi, mentre corre il sospetto che qualcuno si ingrassi con le ramificazioni della salute e della farmacia, la stessa farmacia prodotta dalla MITENI, la quale produce non solo agenti patogeni, ma anche principi attivi-curativi, per il cancro. Queste sono le oscene dichiarazioni di Nardone dette in Consiglio Comunale di Montecchio il 18 ottobre 2016, mentre vendeva Collirio alla Commissione in atto, incalzata dalla signora dirigente dei Lions, Clara Larigno Mensi, nonché consigliera comunale, gli stessi Leoni presso i quali si apprende oggi dal Giornale di Vicenza avvengono le presentazioni “esclusive” di Stopazzolo (in questi giorni) e di Mantoan (qualche mese fa). Leoni di San Marco o Leoni del profitto, qual è la differenza? Come spesso accade in Veneto, si fa finta di fare del bene. E di fare cultura. Come in Fiera a Vicenza. Presieduta da un Marzotto.

Ecco, diamoci da fare. Dimostriamo la nostra forza d’unione.
Altrimenti non ci sarà altro da fare che accettare quello che sta capitando in questi giorni: la MITIGAZIONE DEL DANNO. E tutto resterà come prima.

Con l’unica differenza – quasi una raccomandazione, di fronte al fallimento di una società civile – che sarà meglio per molti di noi cambiare aria. Definitivamente.

Alberto Peruffo
Montecchio Maggiore, 21 novembre 2017

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