Le responsabilità POLITICO/CULTURALI dell’inquinamento da PFAS | DISCORSO SUL PAPALAGI VENETO ovvero due fortissime provocazioni a margine della GIORNATA CONTRO I CRIMINI AMBIENTALI | Prima delle BARRICATE

federico_bevilacqua_22_aprile_2018_archivio_alberto_peruffo_ccc_131

«Sia chiaro una cosa: Zaia non è la soluzione, ma è la causa dell’inquinamento da PFAS. A meno che non faccia chiudere l’azienda e ricollochi tutti gli operai. A prescindere dal Commissario e dall’ignobile propaganda negazionista di Miteni Informa. Altrimenti? Altrimenti, le barricate!» – A.P.

Un omaggio a Don Albino Bizzotto e una stoccata agli Uffici Stampa della Regione Veneto – che celebrano Zaia, il commissariante risolutore – e di Miteni Informa – che continua a fare ignobile propaganda. Mentre le persone si ammalano. E la fonte primaria dell’inquinamento da PFAS continua a produrre. Indisturbata.

photo5981116107622296945
Don Albino Bizzotto, fronte Miteni, 22 aprile 2018

Oltre alla citazione sopra – la conclusione di una forte provocazione che troverete sotto, scritta subito dopo il 22, per ragioni di rispetto e di strategia messa in rete solo ora – riporto di seguito, a rinforzo della prima, una seconda fortissima provocazione, che ci immaginiamo esca dalla voce di Don Albino Bizzotto, il coraggioso fondatore dei Beati i Costruttori di Pace, che si è trovato solitario – non c’erano altri preti – a celebrare una messa che a dire solenne, o addirittura fondativa – per modi, parole e situazione — è dire le cose come stanno: all’ombra di alte fabbriche, nel Veneto più Veneto, dove il dichiarato spirito cristiano altruista è divenuto un panno riciclabile senza fondo e fondamento ad uso di coscienze criminali o abitudini iperegoiste, condivise tra classi popolari e classi dirigenti.

 

In calce alle parole che leggerete – molto vicine a quelle dette durante la messa – scoprirete il perché. Leggetele con calma. Immaginando di essere nel mezzo delle stesse fabbriche dove Don Albino ha celebrato la “sua” messa. Ma immaginate pure che lo stesso prete le dica come giunto da un’altra civiltà. Una civiltà veramente “altra” rispetto al Veneto contemporaneo, una civiltà che guarda con occhi compassionevoli e caritatevoli le malattie della civiltà occidentale, di cui il Veneto inquinato e malavitoso ne è inequivocabile protagonista nazionale (pure internazionale grazie a Greenpeace, Robert Bilott e Yael Deckelbaum), da quando ha scoperto – come risvegliato da un lungo sonno – che sta avvelenando l’acqua. I propri figli. E continua a farlo.

DISCORSO SUL PAPALAGI VENETO
[immaginato detto fronte Miteni, dal celebrante Don Albino Bizzotto, seppur tratto -incredibilmente – da un testo antecedente*]

«Figli delle molte isole/province, dovervi dire queste cose mi rattrista profondamente, ma non dobbiamo e non vogliamo lasciarci ingannare dal Papalagi/Veneto e neppure farci trascinare nella sua oscurità: ci ha portato Dio, ma lui stesso non ne ha compreso la parola e la dottrina. L’ha compresa con la bocca e la testa, ma non col cuore. La luce non l’ha investito tanto da poterne mandare un riflesso e perché tutto splenda nella luce del suo cuore. Egli non percepisce più la falsità che divide le sue parole dal suo corpo: ciò vuol dire che nessun Papalagi/Veneto è più in grado di pronunciare la parola di Dio dal profondo del cuore; quando lo fa, torce il viso come fosse stanco o se quelle parole non lo riguardassero.
Tutti i bianchi/figli del sistema d’Occidente che è arrivato anche in Oriente, si dicono figli di Dio e si confermano nella fede con storie scritte dai loro capi. Pur avendo appreso la grande dottrina e conoscendolo, Dio gli è del tutto estraneo. Persino quelli che hanno il compito di parlare di Dio nelle splendide capanne erette in suo onore [le chiese, ndr], non lo tengono dentro di loro e le parole scivolano nel vuoto portate dal vento. I suoi ministri non parlano solo di Dio, le loro parole si infrangono sugli scogli incessantemente e nessuno le ascolta più.
Le mie parole invece non faranno adirare Dio: quando noi figli delle isole adoravamo stelle e fuoco non eravamo peggiori di quanto sia il Papalagi oggi, perché eravamo nel buio e non conoscevamo la luce. Ma il Papalagi questa luce la conosce e tuttavia vive nell’oscurità ed è cattivo. Il Papalagi raramente pensa a Dio: solo se lo travolge una tempesta o se si sta spegnendo la fiammella della vita pensa che ci sia una forza sopra di lui. Di giorno Dio lo distoglie dai suoi strani piaceri e dalle sue gioie: se la luce divina fosse veramente in lui, si dovrebbe gettare nella sabbia per la vergogna. Il suo spirito è colmo solo di odio, avidità, ostilità.
Il Papalagi dice di essere cristiano. Potessimo noi chiamarci cristiani per sempre. Cristiano è chi ama il grande Dio e i fratelli e solo dopo se stesso. L’amore deve essere dentro di noi come il sangue, come la testa e le mani. Le parole Cristo, Dio e amore il Papalagi le ha solo in bocca: ci fa schioccare la lingua e fa un gran clamore, ma il suo cuore e il suo amore non si piegano a Dio, ma solo alle cose, al metallo rotondo e alle carte pesanti, al piacere ed alla macchina. La luce non lo colma, solo un’avarizia spasmodica del suo tempo e la follia del suo mestiere.
Cari fratelli, il Papalagi ha oggi più idoli di quanti ne abbiano mai avuti noi, se per idoli intendiamo ciò che adoriamo e sortiamo nel cuore come la cosa più cara. Per il Papalagi Dio non è la cosa più importante e non fa la sua volontà, piuttosto quella del demonio. È per questo che dico che ci ha portato il Vangelo come merce di scambio, per prendersi i nostri frutti e ciò che la terra di più bello ci offre. Io lo credo capace di tutto questo perché ho scoperto molto marciume e molto peccato nel suo cuore e so che Dio ama più noi di lui.
Lui ci chiama selvaggi, vale a dire uomini con i denti di animale e senza cuore, ma Dio gli entra negli occhi e glieli strappa per costringerlo a vedere. Dio ha detto al Papalagi: «Sii ciò che vuoi; non ti do più comandamenti». Allora l’uomo bianco è andato e si è fatto conoscere. Vergogna, orrore! Ci ha tolto le armi con lingua tonante e parola orgogliosa e insieme a Dio ha detto: «Amatevi gli uni gli altri». E adesso? Avete avuto, fratelli, la tragica notizia, l’accadimento senza Dio, senza amore e senza luce: l’Europa si sta annientando.
Alla fine il Papalagi confessa: «Non ho alcun Dio in me». Si sta per spegnere la luce nella sua mano. Sulla sua strada è buio e si sente l’orribile battere d’ali dei pipistrelli e il grido dei gufi.
Fratelli, ho il cuore colmo di amore per Dio e per voi: lui mi ha dato una debole voce per potervi dire queste cose, perché resistiamo e non siamo sopraffatti dalla lingua insidiosa del Papalagi. Vogliamo gridargli: «Rimani lontano da noi, con le tue voglie e i tuoi pensieri, con l’accumulare ricchezza nelle mani e nella testa, con la frenesia di sovrastare tuo fratello, con l’insensatezza del tuo fare, con il mulinare delle mani, con il curioso pensare e sapere, con le follie che rendono inquieto il tuo sonno sulla stuoia. Non ci serve tutto questo, ci bastano le nobili gioie che Dio ci ha abbondantemente concesso. Possa Dio non accecarci con la sua luce e non farci smarrire, ma renda chiara la nostra strada così da poter camminare nella luce per raccoglierne lo splendore e amarci l’un l’altro».

*Tratto integralmente (salvo le parole in arancione) da Papalagi – Discorso del Capo Tuiavii di Tiavea delle Isole Samoa, rientrato in patria dopo aver visitato l’Europa alla vigilia della Prima Guerra Mondiale – [edizione italiana Stampa Alternativa 2002]. Un secolo fa!

giovanni_fazio_22_aprile_2018_archivio_alberto_peruffo_ccc_173
Danilo, Claudio, Donata.

Considerazione Post 22 aprile: a parte la benedizione di Papa Francesco, una o due assenze giustificate e qualche altro raro segnale, più dovuto che sentito, noi tutti ci siamo domandati: ma dove sono finiti gli altri preti? A celebrare le messe con Zonin e Nardone? Tanto da perpetuare la pratica del perdono incondizionato, dietro prebenda funzionale al lavaggio della coscienza? Io credo che questa assenza debba interrogare molti di noi e chiederci perché qui – nel nostro decantato Veneto – siamo arrivati a tanto. In che tipo di cultura siamo cresciuti?

giovanni_zamperlin_22_aprile_2018_archivio_alberto_peruffo_ccc_319
— la mia/nostra preoccupazione davanti alla MITENI. Quale sarà la prossima mossa? Le barricate?

Lo scrivo nonostante e per dare ancora più senso e riflessione al successo della letteralmente “straordinaria” giornata sul concetto di Crimine Ambientale, finalmente portato davanti al luogo dove lo stesso crimine – il disastro ambientale – è in atto, nella pubblica piazza di chi ha permesso di farlo, rompendo gli argini della burocrazia/istituzione che non avrebbe voluto e potuto permettere la manifestazione perché – pochi lo sanno – tutta l’area è ancora sotto il dominio privato dei Marzotto e si è paventato il pericolo di zona ad altissimo rischio sottoposta a Direttiva Seveso, quando sulle stesse fabbriche fronte MITENI, molti sollevano il dubbio che abbiano loro stesse il Piano Emergenza Esterno coordinato con quello Interno della MITENI, per la stessa ragione che questa fabbrica rappresenta: pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, secondo Direttiva 105/2015.

giovanni_fazio_22_aprile_2018_archivio_alberto_peruffo_ccc_238
Michela B. e Marzia

Per noi è stata «una grande prova di forza e di civiltà del Movimento No PFas», abbiamo detto e scritto. Ma personalmente – dopo gli ultimi fatti (Commissario, propaganda negazionista di Miteni Informa, ritardo nelle procedure di tutela dei contaminati nel sangue e nelle analisi del cibo, nuovi dati sulle quantità di Pfoa/Pfos/Pfba/Pfbs nelle terre del Retrone, le ultime ancora in produzione dalla Miteni) – non potevo non scrivere una mia provocatoria nota personale. Per una riflessione collettiva. Una critica spero utile al Movimento. Scritta negli stessi giorni in cui emergeva presso l’opinione pubblica i documenti del Progetto Giada – di cui alcuni di noi erano già a conoscenza – che offrono ulteriori elementi sulle responsabilità politiche e culturali dell’inquinamento da PFAS.

LE RESPONSABILITÀ POLITICHE DELL’INQUINAMENTO

Sia chiara una cosa: Zaia non è la soluzione, ma è la causa dell’inquinamento da PFAS.

Causa prossima, remota, diretta, indiretta, volontaria, involontaria, non sta a me qui dirlo. Causa che ora vuole trasformarsi in soluzione. Per mezzo del Commissario. Libero di provarci. Senza cancellare tuttavia il passato. Niente di personale contro Zaia. Esprimo un giudizio politico, fuori dal dominio della persona o della querelle: se Zaia fosse biondo, colorato, arrogante, di pesudosinistra, al posto di riccio, ondulato, affabile, perbenista e leghista, non cambia niente. Per me Zaia significa politicamente il rappresentante del Veneto spannografico (termine da lui coniato), di quella “lega” fatta di tutte le risme e partitucoli omogeneizzati del Veneto di cui Zaia, come il suo collega Variati – ovvero sia la Lega e il Pd finto/progressisti-socialisti, edulcorati da vene razziste/omofobe da una parte e dall’essere servi della deriva del potere statale dall’altra – sono la quintessenza, poiché non hanno responsabilità dirette mai su niente, perché sono politici irresponsabili, “irrespondibili”, per coniare un neologismo – incapaci di rispondere, ossia burattini – pezze del sistema Veneto – ricco, beota e identitario – su cui loro stessi non possono fare niente, anche se si credono – illusi – protagonisti ad personam. E fanno ora – tardivi – la parte dei risolutori dei disastri avvenuti. Finti risolutori. Ma non fanno mai la parte dei costruttori di pace e giustizia, prima del disastro. Lo stesso vale per Bottacin & Coletto che hanno nascosto i documenti dell’inquinamento nel 2016. O l’Agenzia ARPAV o chi per essa prima del 2013. E di molti sindaci. Ripeto. Non confondiamo i risolutori con i corresponsabili. Politici. Dell’inquinamento del nostro sangue. Un inquinamento che ancora prima dell’acqua è della politica. Persone insignificanti ai fini della storia positiva dei loro stessi territori? Questo lo diranno gli storici. Per non dire del rifiuto della Confindustria di parlare con i Comitati, della Coldiretti di dire le cose come stanno, dei Sindacati di agire decisi secondo il loro mandato. Di queste persone e figure politiche noi possiamo invece dire – prima degli storici – che hanno significato patologie e inquinamento. Per noi. E vale non solo per i PFAS, ma anche per altre grandi opere dove lo zampino di Zaia e di questo Veneto pericolosamente autonomista – nel mettere gli interessi dei molti nelle tasche dei pochi – sono in prima linea, come la Superstrada Pedemontana Veneta. Galan insegna. E Zaia cosa fa? Supera o nega il suo maestro e compagno, riempiendosi la bocca di autonomia? Non si è ancora capito che l’autonomia è solo per le persone mature, mentre per un mondo superficiale, corrotto, insicuro, in mano alle forze dei prepotenti, alla bulimia dei bisogni e dei desideri, la polinomia, la sinfonia delle norme, è la soluzione migliore? Perché? Perché i popoli passano, mentre i territori restano. Devastati dai finti autonomisti che non conoscono geograficamente neppure una spanna della loro terra. Ma solo quella della loro mano. Non è un caso se l’inconscio del lessico zaiano – per errore poi uscito dalla stessa voce di Zaia – abbia prodotto l’espressione spannograficamente. Per le cose e le procedure che si fanno in Veneto. Mica scemenze. Spanno-grafica-mente. Detto dal Governatore delle Regione. Come spararsi una palla di piombo, di scemenza, sulle cosiddette.

Ma gli spannoveneti restano spannoveneti. E così tutti lo votano. li votano. Come il suo compagno Variati – l’attuale responsabile dell’AIA per la Miteni – e i cloni di queste due signorotti della politica veneta. Questo è il dramma del Veneto papalagico contemporaneo, sottolineato anche dal magistrato Casson nella conferenza di Montecchio sui Crimini Ambientali.

Sia chiara una seconda cosa: la MITENI non è la soluzione del caso PFAS con le sue barriere idrauliche e premeditate tardive rilevazioni, come i rifiuti sull’argine della Poscola. MITENI è la causa primaria e va chiusa definitivamente. Lo dicono i Carabinieri, la Polizia, la Sanità del Veneto, l’ARPAV con grave ritardo, perché costretta… Allo stesso modo, la soluzione non sono le procure al lumicino come quella di Cappelleri (povero pure lui, il Capo della Procura di Vicenza, se si pensa come è stato umiliato dai grandi poteri sulla vicenda Borgo Berga), o un Commissario servo della Regione, Regione che per anni non ha controllato un territorio massacrato e recidivo. Un Commissario – che per quanto bravo o rispettabile possa essere – nominato o proposto da chi? Da un governatore regionale nominato commissario da un Governo nazionale che, pure esso – Galletti, Puppato e compagnia per niente bella – ha le sue forti responsabilità. Bravi a parole e a tirar fuori milionate di euro per sanità e acquedotti, quasi per alimentare un nuovo indecente business dell’emergenza, sulla pelle dei cittadini, mentre la fonte primaria resta aperta. Ridicoli. Una classe politica ridicola e spannografica.

Qui – con questo caso – ha fallito l’intero sistema. Un sistema che ha fatto – tuttavia! – un errore più grande di quello che pensava e senza il quale avrebbe potuto inquinare ancora per anni, con i grandi profitti che da sempre si fanno qui. Hanno inquinato un bene primario, incontrollabile. INCONTROLLABILE. Che passa attraverso tutti i rubinetti. Pure per quelli dei compari e della progenie. E questo sarà – lo spero – la loro morte. Perché di fronte a questo fatale errore il pericolo della rivoluzione popolare – delle madri e dei padri – incombe.

Ecco, dopo il grande sforzo del 22 aprile contro i Crimini Ambientali, scrivo questa lunga nota perché dopo questa grande e difficile Giornata mi sento ancora più lontano dallo “spannovenento” rappresentato dalle persone citate – il Papalagi Veneto – propagandato da questi semplicistici costruttori di false identità di popoli dei quali non conoscono niente delle loro antiche origini – anzi, sono gli assassini della civiltà contadina, diventata semplicistico folklore, come Montecchio Maggiore e i suoi Castelli insegnano – per i quali l’unico reale valore identitario è INVECE il denaro, la pancia piena, il PIL. Non solo: nel mentre noi tutti vediamo molti amici concreti morire di tumore o ammalarsi di patologie sistemiche, se proprio  devo scegliere un’appartenenza scelgo di appartenere a dei veri costruttori, ai Beati Costruttori di Pace rappresentati da persone come Don Albino Bizzotto, dove credenti e non-credenti possono stare insieme perché l’importante è credere nella pace, nella giustizia, nella libertà, nel rispetto. Non certo nel perdono sistemico -simile a quello delle malattie e del Male dottrinale – di certa cultura cattolica. Chi perdona – senza avere il diritto e il cuore di farlo – domina. Questo è il segreto della chiesa e della mafia.

Ed è per questo che contro tutti coloro che evitano i contenuti, che non vogliono leggere due righe più del format imposto dalla schiavitù della tecnologia dei tablet, io ne scrivo cento di righe per spiegare che le responsabilità vanno analizzate, come le analisi nel sangue, capite, e ricercate nel nostro agire, nelle nostre scelte quotidiane, e che qui da noi non risiedono nell’errore tecnico umano – come si vuol far credere – ma nella sottile collusione tra politica, impresa e cultura… riscrivo l’ultima parola: cultura!!!! che tace, lava e acconsente… Perciò nelle parole, nella scrittura, nella ricerca degli argomenti… tutto ciò che viene sempre più sottratto alla capacità critica della cittadinanza attiva. Pure durante le messe. Domenicali. O eccezionali, come quella di Don Albino il 22 aprile 2018.

Ed è per questo che ho scelto di consegnare queste parole di forte provocazione che spero possano servire a un Movimento No pfas oramai forte, maturo, sperando veramente che il 22 sia stato un inizio, un inizio dove il concetto di Crimine Ambientale abbia messo «per iscritto che il diritto all’ambiente, alla salute, viene prima del diritto al lavoro, al profitto, all’interesse del proprio giardino. All’egoismo barbaro e raffinato – allo stesso tempo – che il Veneto contemporaneo tesse incessantemente sulla propria tomba».

Ah, dimenticavo la conclusione, virgolettata.

«Sia chiaro una cosa: Zaia non è la soluzione, ma è la causa dell’inquinamento da PFAS. A meno che non faccia chiudere l’azienda e ricollochi tutti gli operai. A prescindere dal Commissario e dall’ignobile propaganda negazionista di Miteni Informa. Altrimenti? Altrimenti, le barricate!*»

A.P. 26 aprile 2018

* Porteremo i nostri barrique davanti ai responsabili dell’inquinamento. Non più simbolici, ma fisici, a partire da un presidio permanente che blocchi il regolare svolgimento dell’inquinamento. Pensateci, madri! È scaduto il tempo della politica, delle “suite” parlamentari, anche per la Procura. Nessun blocco cautelativo della produzione da parte della politica e della magistratura. L’ottobre del 2017 la Procura – presente Bilott – ci disse che la questione PFAS sarebbe stata prioritaria. Risultato: si continua a rimandare. A inquinare. A temporeggiare. Pur avendo il “disastro ambientale” in mano. L’esito epidemiologico è diventato secondario. Utile a scopi penali. Ma l’utile per il nostro sangue non è solo l’acqua delle fonti pulita. Ma bloccare e bonificare la fonte primaria dell’inquinamento. Altrimenti tutto è inutile. Altrimenti le barricate.

** Che fare? Un’amica di prima linea del Movimento, mi ha scritto, di fronte alla domanda che su FB anticipava questo scritto: «…bella domanda. Andarsene!! A volte mi sembra l’unica soluzione possibile. Andarsene… o rimettersi i para occhi. Perché fa troppo male… troppo… troppo… troppo!!! vedere questa nostra meravigliosa terra “stuprata”. E che gli stupratori la facciano sempre franca…».  A voi la scelta.

*** Ad ottobre del 2018 scade l’anno dalle parole della Procura sulla priorità del suo intervento. Probabilmente bloccata dai poteri economici/politici di cui Zaia è il rappresentante e i festival culturali imbonitori, sagre di paese, adunate degli Alpini, messe tacitate, le conseguenze. Fagocitando le buone intenzioni che la gente – il cosiddetto popolo – investe in questi manipolabili contenitori culturali. Non aggiungo altro. A ottobre 2018 è passato un anno. A voi la scelta.

 

Alberto Peruffo
Montecchio Maggiore, 13 maggio 2018.

PS Le fotografie di questa pagina sono di: Federico Bevilacqua (b/n), CILLSA e Giovanni Zamperlin. La Galleria del 22 con tutte le foto la trovate qui >> https://casacibernetica.wordpress.com/2018/05/02/la-carica-di-qualita-e-contenuti-del-movimento-no-pfas-contro-i-crimini-ambientali-documenti-della-giornata-difendiamo-madre-terra-del-22-aprile-2018-parole-musica-e-reportage-fotografici-senza-c/

cover post 22 aprile 2018.jpg

alberto_peruffo_CC
ANTERSASS CASA EDITRICE

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...