DEADLINE per la PROCURA. 10 PUNTI di Greenpeace, GIORNALISMO d’inchiesta e 10 QUESTIONI irrisolte. L’imbonimento delle MASSE | Lettera aperta

PFAS. Lettera aperta ai cittadini contaminati e alle industrie contaminanti, dopo il 22 aprile e la richiesta di concordato.

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Pensieri, durante la giornata del 22 aprile 2018 contro i Crimini Ambientali, fronte MITENI

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DEADLINE per la PROCURA. 10 PUNTI di Greenpeace, GIORNALISMO d’inchiesta e 10 QUESTIONI irrisolte. L’imbonimento delle MASSE | Lettera aperta

La Giornata del 22 aprile – con i fatti successivi – segna una svolta per il mondo dell’industria e delle istituzioni, giunte ai ferri corti della reciproca combine. Tanto corti da tentare di insinuarsi nella parte più fragile del movimento cittadino, come il liquame di ogni potere cerca di fare da quando mondo è mondo.

Per accelerare questa svolta e stoppare le ingerenze consegniamo per iscritto i 10 punti “sine qua non” di Greenpeace proclamati a voce da Giuseppe Ungherese il 22 di aprile di fronte alla MITENI, rinforzati dagli ultimi due articoli di Marco Milioni, ai quali aggiungiamo 10 questioni irrisolte sulla querelle PFAS, con relative ipotesi di risposta.

Tutto ciò mette la Procura di Vicenza di fronte alle proprie responsabilità, facendo essa stessa cerniera o rottura radicale di questa svolta. Se la Procura di Vicenza non procederà prima della scadenza della valutazione di concordato – almeno con il sequestro cautelativo delle proprietà e dei beni dell’azienda – sarà legittimo da parte nostra chiedere al Parlamento l’allontanamento dell’indagine dalle mani di Cappelleri. E di chiudere per conto nostro i rubinetti dell’azienda – che continua a produrre e ad inquinare – mediante un presidio permanente. Sono certo che genitori, padri e madri, attivisti e giovani delle aree contaminate non si tireranno indietro.

La data di scadenza per il concordato è il 16 settembre 2018. Quella dell’anno da noi concesso, dopo la visita di Bilott, il 1° ottobre 2018.

Sia chiaro: lo strategico impasse, con tanto di procedura fallimentare – in continuità – richiesta dall’azienda, ha come scopo ciò che già avevamo anticipato “da tempo”: il temporeggiamento, funzionale al risultato più efficace di una metabolizzazione del crimine a timer programmato, ossia la sua espulsione dal corpus cittadino con il minimo dei danni per i responsabili. In parole semplici: perdere tempo per non perdere denaro (pagare la bonifica, i risarcimenti, i creditori, i prestatori d’opera, gli operai) ed evitare la pena, il carcere. I proprietari della multinazionale ICIG hanno un nome e un cognome, come i nostri amministratori e i dirigenti della MITENI. E tutti sembrano recitare la stessa preghiera.

Sotto questo mantra ogni mossa viene pensata: dall’imbonimento delle masse* messo in opera con sottile ingerenza tra le parti più fragili del movimento cittadino, per romperne la molteplice compattezza a la notevole forza dimostrata attraverso la diversità, fino al ritardo ingiustificabile di procedure promesse e annunciate ufficialmente. Con l’unica attenuante – spannoveneta – che caratterizza il Nordest e che è scappato dalle mani degli stessi colpevoli: la Regione Veneto non sa come uscire da questo “disastro di massa” nel momento in cui emergerà in tutta la sua gravità. Sulle tavole degli italiani. Nelle corsie degli ospedali. Un suicidio preterintenzionale. Che va oltre le intenzioni degli ottusi amministratori veneti.

Per questo la giustizia deve intervenire ora. Altrimenti Zaia, Coletto, Bottacin, Mantoan, Variati e altri tristi figuri di questa comparsa tipicamente veneta, elargitori di permessi – di cui la Procura dirà il bene e il male – non potranno più camminare nelle loro città, nei loro paesi, per la paura di incontrare un padre e a una madre che hanno un figlio con un cancro ai testicoli. Un nascituro senza esofago. Una prole minorata.

Sottolineo: la massificazione del crimine – biologicamente, e culturalmente mediante strategie di imbonimento – non porta altro che a una giustizia sommaria.

Solo degli amministratori stolti come sono i nostri non arrivano a capire il pericolo sociale che stanno accendendo. L’imbarbarimento della massa da loro innescato. Attraverso il liquame non solo nelle tubature, ma anche delle procedure e delle intelligenze. Di cui i PFAS sono simbolo e sostanza concreta.

Imbarbarimento di cui diventeranno essi stessi vittime.

Solo la Procura può salvarci dal baratro che quella svolta, se sbagliata, porta con sé. Solo una giustizia precisa, intelligente e risoluta salva una civiltà dal proprio declino.

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Di seguito i 10 punti di Greenpeace a cui dovranno attenersi le aziende e i governi se vorranno ancora dare futuro alle genti dei luoghi, al mondo stesso.

Quindi gli ultimi inquietanti articoli del giornalista d’inchiesta, Marco Milioni, con tutte le difficoltà che questo giornalismo trova nell’essere ospitato dagli organi d’informazione, che spesso sono organi di propaganda. Emergono, in tutta la loro gravità, le parole di Nardone. Speculari a quelle rilasciate dalla Regione in data 5 giugno 2018 alle Mamme No Pfas.

Infine – per chi ha la forza di combattere e di mettersi in discussione – le 10 questioni irrisolte (una mia personale analisi con ipotesi di risposta) che gettano luce sull’impasse combinato, mediato, da indagare e verificare, tra istituzioni, azienda e sistema economico: «un sistema di regole tranquillamente bucabili cucinato per anni tra Regione, province ed enti comunali, mai messo in discussione». Chi mai avrà scritto questa fredda, asettica, lucida, constatazione?

La premessa, i punti, i documenti d’inchiesta, le questioni, portano a una severa conclusione.
In calce.

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I 10 PUNTI DI GREENPEACE

Discorso del 22 Aprile fronte MITENI
di Giuseppe Ungherese
[responsabile nazionale Greenpeace campagna inquinamento]

Il disastro ambientale dei PFAS, ormai conclamato e certificato, è segno inequivocabile che c’è qualcosa nel sistema che non funziona, sia a livello di regolamentazione che di controlli. È inverosimile pensare che un’azienda, che dovrebbe essere sottoposta a frequenti controlli e ispezioni, possa sversare per decenni nelle acque sostanze chimiche pericolose e inquinare una popolazione e un territorio così vasto dando luogo ad uno dei fenomeni più grandi di inquinamento delle acque a livello mondiale. A tutto ciò va sommato l’atteggiamento delle autorità locali (Regione Veneto e Provincia di Vicenza in primis) che nel 2014, quando nel 2013 tramite ARPAV avevano già individuato la stessa Miteni come principale responsabile dell’inquinamento, hanno rinnovato all’azienda l’AIA (Autorizzazione Integrata d’impatto Ambientale) e di fatto garantito a Miteni la continuità ad operare.
Tutta la questione, se si analizzano questi ed altri dettagli, è un vero e proprio paradosso che evidenzia ancora una volta quanto sia necessario un cambio radicale del sistema per inchiodare le aziende alle loro responsabilità nei confronti delle persone e del Pianeta.
Greenpeace ha individuato dieci principii fondamentali necessari per ottenere regole efficaci e vincolanti sui comportamenti e sulle responsabilità delle imprese in modo da interrompere le violazioni dei diritti umani e gli abusi delle multinazionali sull’ambiente (Crimini Ambientali):

  1. Le persone e l’ambiente, non le multinazionali, devono essere al centro delle attività dei governi.
  2. La partecipazione pubblica deve essere elemento costitutivo dei processi di elaborazione delle norme e delle leggi.
  3. Gli Stati devono abbandonare scelte politiche che compromettono il rispetto dei diritti umani e ambientali.
  4. Le multinazionali devono essere soggette a norme vincolanti sia nei luoghi in cui hanno sede che nei Paesi in cui operano.
  5. Gli Stati devono chiedere alle aziende rigore e responsabilità durante le fasi produttive e nel corso dell’erogazione di servizi forniti ad altre imprese.
  6. Gli Stati devono promuovere azioni coordinate che vietino alle multinazionali di svolgere all’estero attività che nel loro Paese non sono possibili a causa di rischi ambientali e alla violazione dei diritti umani.
  7. Le leggi devono garantire la trasparenza in tutte le attività aziendali che impattano sui diritti umani e ambientali.
  8. Le multinazionali e le persone che le dirigono devono essere ritenute responsabili in caso di violazioni dei diritti umani e ambientali anche se commesse da altre società sotto il loro controllo.
  9. Alle vittime di violazioni dei diritti umani e ambientali deve essere garantita la possibilità di ricorrere contro le aziende nei loro Paesi di origine.
  10. Gli Stati devono applicare concretamente le leggi di cui si sono dotati.

Questi dieci principi appena elencati non implicano un cambiamento radicale del nostro sistema giuridico e politico ma sono necessari per garantire alle persone e al Pianeta un prospero futuro. Il cambiamento necessario deve avvenire su scala globale, partendo dal mettere al centro le persone e non gli interessi di pochi. Per fare in modo che il disastro ambientale dei PFAS non venga dimenticato è necessario che, partendo proprio da questo crimine ambientale, si costruiscano insieme le basi per una società ed un’economia che generi un futuro verde e di pace e che garantisca prosperità nel rispetto di risorse del nostro Pianeta.

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LE ULTIME NEWS E INCHIESTE SU MITENI, NARDONE E REGIONE
di Marco Milioni
[giornalista d’inchiesta]

17 giugno 2018
Pfas, tonnellate di fanghi della Miteni anche nel Padovano
Documenti rinvenuti dimostrano che i reflui della fabbrica trissinese al centro del caso Pfas sono finiti anche nell’impianto di Sant’Urbano >> http://www.vicenzatoday.it/cronaca/esclusive-pfas-miteni-discarica-sant-urbano-padova.html

8 giugno 2018
Pfas, verso bonifica “mini” per la Miteni
Le parole di Nardone aprono nuovi scenari e sono di una gravità inaudita, specie se non vengono smentite dalle autorità. Intanto tra mille ritardi la Commissione regionale speciale dovrà re-insediarsi per avere il tempo di redigere la relazione finale >> http://www.vicenzatoday.it/cronaca/esclusiva-pfas-bonifica-miteni-commissione-sindacati-nuovo-governo.html

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10 QUESTIONI IRRISOLTE E IPOTESI DI RISPOSTA (analisi e opinioni personali fondate su anni di impegno e documenti oggettivi)

  1. Perché Confindustria non ha voluto incontrare il movimento dei cittadini delle zone contaminate? Perché parte del sistema del comparto industriale conciario legato alla MITENI e al suo depuratore è marcio e un cambiamento radicale metterebbe in ginocchio decine e decine di industriali che hanno estratto risorse in modo criminale dai territori e dalla salute degli operai. I PFAS sono solo la zampa di una piovra e la Confindustria vicentina teme che la morte di una zampa che diluiva la parte del sistema fondato sull’inquinamento – Tubone ARICA – metta in crisi l’intero sistema. O forse spera che sacrificando la MITENI (responsabile numero 1 dell’inquinamento da PFAS nelle acque di falda) si taccia su tutte le altre sostanze inquinanti che le industrie del territorio hanno sversato su queste terre, diluendo quindi le responsabilità e deviando l’attenzione da altre sostanze altrettanto tossiche e pericolose. Diluiamo le sostanze o le responsabilità? Un bel dilemma. A cui non c’è risposta. Siamo di fronte a uno scacco matto. Non resta che cambiare gioco e ricominciare la partita dal punto 1 di Greenpeace per tutti i parlamenti, locali e nazionali, comunali e regionali. Che deve essere stampato nelle porte di entrata delle rispettive sedi. Mentre per gli industriali e tutta la comunità deve passare lo stesso concetto, semplificato: prima l’ambiente, dopo il lavoro; prima le persone, dopo il profitto.
  2. Perché la Regione vuole incontrare – e curare – solo una parte dei cittadini contaminati, lasciando fuori le zone marginali e gli ambientalisti e coloro i quali hanno fatto una scelta di vita contro l’inquinamento su cui sono fondate le grandi produzioni? Perché si vuole fare credere che ci sia un dialogo costruttivo con i cittadini e illudere i convocati di essere protagonisti di un cambiamento che in realtà non c’è, non essendo altro che un cambiamento che riporta eternamente al punto di partenza. Una manovra, un temporeggiamento. Si tenta così di imbonire le parti più fragili del movimento in cerca di un effetto livellatore dato dallo spettacolo mediatico e dagli infantili giochi identitari a cui le masse sono portate – si pensi alle Mamme No Pfas – quando il problema non sono solo la maternità e i pfas, ma il futuro di un intero territorio. Se fossi andato io in Regione o qualche altra persona che non transige sui fatti accertati, avremmo portato degli avvisi di garanzia simbolici agli assessori all’Ambiente e alla Sanità per omissione di atti d’ufficio e conseguente violazione del principio di precauzione, come si apprende da questo articolo di Vvox che ha scatenato la vicenda. Quelli effettivi – avvisi – avrebbe dovuto comminarli la Procura. La gravità di non avere avvertito i Sindaci dopo il documento di Mantoan è infatti da galera immediata. Come quello di avere manovrato l’ARPAV e lo SPISAL verso il silenzio. Lo stesso silenzio che ora si vorrebbe barattare con i comitati in cambio di fonti pulite – il minimo sindacale dopo il disastro – lasciando i corresponsabili al loro posto e i responsabili pronti a fuggire. In regime di concordato. Per una bonifica soft, light. O come surrettiziamente si vorrà chiamarla.
  3. Perché il Procuratore Cappelleri non procede con il sequestro cautelativo della Miteni e con altri atti di giustizia che sono in suo potere? Perché è in mano ai poteri forti o è un incapace. L’inquinamento e il debacle aziendale sono sotto gli occhi di tutti. Dei dati di fatto. Vedi Dossier Greenpeace sulla compravendita e Dossier NOE sui dati ambientali. È giunto il momento di dare il benservito a Cappelleri e alla Procura di Vicenza. Nel mentre la giustizia temporeggia – dopo i dati del Dott. Foresta, è ancora necessario aspettare la continuamente posticipata relazione epidemiologica del Dott. Fletcher? Dov’è finita quest’ultima? E le rivelazioni annunciate nel novembre del 2017 dal Comandante del NOE? Dove sono? – nel mentre la giustizia non procede, da noi vengono genitori in lacrime con figli che nascono minorati. L’ultimo senza esofago, nato da una mamma che ha vissuto tutta la vita a Lonigo e ora abita in zona arancione. Arancione? Rossa? Gialla? I colori servono solo agli allocchi quando si parla di acqua e di aria. La morte e la malattia, come l’acqua, non hanno colore. L’ingiustizia sì. Il nero.
  4. Quali sono i risultati del tavolo di lavoro tra sindacati e la Donazzan di “molto tempo fa”? Perché la CGIL e gli altri sindacati non fanno il loro dovere di proteggere gli operai da impianti osceni, da ricatti salariali, dall’assenza delle istituzioni e se la prendono con gli RSU? Perché non sono più sindacati, ma una propaggine del sistema economico veneto produttivista, a prescindere dal crimine. Sindacalisti, se lo siete ancora, tirate fuori gli attributi per cui siete stati creati! Quanto ci vuole per mettere in atto un piano di ricollocamento delle maestranze nel tessuto sano del territorio, se esiste, chiudere le produzioni e aprire un centro di bonifica “pesante” che per la sua gravità ed eccezionalità potrebbe diventare un laboratorio sperimentale per la soluzione dei crimini ambientali? Che dà lavoro a decine di operai e di ingegneri? Coibentati! Se non lo fate, la MITENI scapperà via. Anche per colpa del vostro immobilismo nei confronti delle autorità. Facendo pagare tutto alla comunità. In primis, alle maestranze in produzione, avvelenate.
  5. Perché Dell’Acqua – direttore ARPAV e commissario PFAS – afferma in una riunione pubblica che la MITENI va assolutamente spostata e ora si abbassa alla combine tra Regione e Miteni per una bonifica light e caratterizzazioni farlocche, incredibilmente bloccate “poco prima” della richiesta di concordato? Perché pure lui – per quanto buono, giusto e gentile possa essere o voglia sembrare – è un servo del sistema per cui ha accettato di lavorare, contro la sua stessa morale di tecnico e di persona, consapevole che l’ARPAV prima di lui andava a pescare in alto mare invece di fare i controlli come si deve a una fabbrica sotto direttiva SEVESO. Oggi? Peggio ancora: alla MITENI i controlli si fanno o si faranno secondo le maglie griffate, firmate da Coletto e Bottacin. Larghe. Come la pancia senza fondo dei veneti. Controllore e controllato sono gli stessi. Non più organi pubblici, ma aziende senza morale se non il bilancio e la contingenza del potere di turno. D’altra parte, il loro capo, Zaia, l’autonomista dei controlli a spanne, lo vedremo in zona solo per inaugurare il Leone Pacchiano sulla rotatoria del crimine dopo aver permesso – per ignoranza dei territori, da parte dei suoi allievi e della sua scuola di politica – di distruggere la storica Fontana di Valbona, a meno di 1km dalla MITENI. L’assassinio di un’autentica testimonianza popolare veneta che lascerà il posto all’imposizione politica di un simbolo rigurgitato, manipolato, dall’ignoranza della propria storia, per tentare di fondare una nuova civiltà. Dopo il massacro della civiltà rurale contadina veneta si profila la civiltà spannoveneta, di cui il Leone Pacchiano sarà il nuovo indubitabile – per sostanza e pregnanza – simbolo. In vetroresina. Vetro e resina sintetica. Artificiale e artificiosa come la nuova civiltà. E pensare che il Sindaco di Trissino, fautore del nuovo Leone, dopo il ricorso al Tar da parte della MITENI di 98 milioni di euro nel gennaio 2018, aveva perfino alzato la voce. Dov’è finita la voce di questo Sindaco e chi sono i finanziatori di questo fantomatico Leone? Gli acquaioli di Arzignano? Paese intonso da ogni PFAS, secondo il Sindaco dell’Acqua Pulita fattasi Propaganda, ma lercio di cloruri. Sindaco Gentilin di Arzignano. Faccio di Trissino. Questi i loro nomi.
  6. Perché Mantoan – direttore della Sanità del Veneto – è sparito dopo aver consegnato il celebre documento che coscienza tardiva di medico gli ha chiesto di consegnare? Qui non vale la pena di rispondere. Basta prenderne atto. E rivolgersi eventualmente alla domanda 5. O fermarlo per strada ogni volta che lo si incontra. O vedere gli occhi tristi della Dott. Russo quando parla di PFAS e si scontra con la stessa Regione in fatto di alimenti. O interrogarsi sull’altra grande figura di medico che ha fatto crollare il sistema pseudoscientifico della Regione Veneto e che la stessa Regione ha cercato di mettere da parte: Vincenzo Cordiano. Non dimenticheremo mai questi nomi.
  7. Perché ci si sorprende solo ora della contaminazione da Pfas negli alimenti, quando dai dati ARPAV delle acque superficiali, sotterranee e sorgive anche in comuni della zona Arancio e Rossa vi sono valori allarmanti che oscillano dai 2000 agli 8000 ng/lt di Pfoa e dai 200 ai 700 ng/lt di Pfos rilevati dal 2013 ad oggi? Perché in questi 5 anni dalla scoperta dell’inquinamento gli Enti pre-posti non hanno pensato ad un sistema preventivo della contaminazione della filiera alimentare, nemmeno ai controlli dell’acqua di pozzo a scopo irriguo delle coltivazioni per le aziende agricole dei comuni coinvolti? Perché nessun Ente ha pensato a far analizzare i terreni agricoli, obbligando i cittadini ad agire autonomamente per poi scoprire valori in terreno di Vicenza ovest pari a 4441 ng/kg di Pfoa e 711 ng/kg di Pfos?
    A questa raffica di domande – sostenuta da documenti probanti – che hanno distrutto il sogno a km zero delle reti di acquisto solidale e dei piccoli agricoltori (parole pronunciate da Marzia Albiero durante la nostra audizione presso la Commissione Ecomafie) dovrebbe rispondere quotidianamente l’Assessore all’Agricoltura. Se esiste. Esiste? Qualcuno di voi l’ha visto? O presiede solo alle sagre e alle fiere degli agricoltori eterodiretti? Ops, coldiretti.
  8. Che accordo c’è tra Coldiretti e la Regione affinché non si facciano come si deve e secondo legge i controlli sulle acque, sugli animali, sulle coltivazioni, nel settore agricolo-zootecnico – imbavagliando i veterinari – così da lasciare tutto in sospeso, in difetto di norma, tanto da NON CONSEGNARE le analisi annunciate sugli alimenti con le georeferenze e tutti i dati relativi? Questa non-consegna è un’infamia. Perciò appare sensata l’ipotesi che esista una combine talmente sottile e raffinata, pensata per non creare fastidi agli agricoltori su vasta scala, da produrre “difetti tecnici” nelle varie DGR – vedi la numero 854 – delibere “molto libere”, troppo libere, che la Regione promulga per tenere in piedi un’agricoltura insana, fondata sulla chimica e devastata dagli scarichi industriali. Che esporta in tutta Italia, e non solo. Un’agricoltura difettosa che produce prodotti difettati. O infettati? Quanti PFAS contengono i vini delle Cantine Sociali sparse a valle della MITENI nelle stagioni di secca? Montecchio, Brendola, Sarego, Lonigo? Vini che fanno il giro del mondo. Mi date una risposta? A quando il tanto decantato vino veneto… a zero pfas, il Durello free pfas? Non mi importa di mettere in ginocchio – con queste inquietanti domande – un’economia fondata sul lavoro serio di molta brava gente. Ma siamo stati zitti. Siete stati zitti. Non abbiamo il diritto di contaminare la gente fuori dal Veneto. Mezzo mondo. Non l’abbiamo! Punto. Che vino beviamo a Montecchio con tutto lo schifo che ci sta intorno e sotto terra? Invito tutti coloro che comprano il vino in Veneto di richiedere la certificazione Free Pfas. Non c’è. Inventiamola. Istituitela! Chiedetela al Farinetti di turno. O chiudete subito la MITENI per sempre facendo sparire tutto il terreno contaminato che ha sotto le sue viscere.
  9. Perché il tubone ARICA continua a scaricare liquami e si fa passare una diluizione a valle per una vivificazione a monte? Perché siamo dei sudditi, direbbe giustamente Piergiorgio Boscagin, prima linea della lotta contro i PFAS, residente a Cologna Veneta. Io dirò di più. Perché siamo degli analfabeti, imbranati dai media mainstream, e ci lasciamo prendere in giro dai manipolatori del linguaggio, come accadde per la base militare di Vicenza, fatta passare per un “ampliamento” e non per una nuova base ex novo. Quando penso a tale miseria, non solo di politici come Variati e Hullweck, ma anche da parte dei giornalisti e dei direttori di giornale che ne hanno parlato a vanvera e ne parlano ancora, sprofondo nella vergogna delle mie origini. Perché? Perché dietro a quella vergogna c‘è – dietro alla pochezza dei politici, dei cittadini passivi e di giornalisti incapaci – solo profitto e soldi per un manipolo di sciacalli che ha reso inerti le masse. A cui tutti, nel bene e nel male, apparteniamo. O ritorniamo, per vivere in armonia. Lo scopo sociale di questi sciacalli è di inertizzare gli anticorpi sani che ravvivano le masse verso sani orizzonti, per livellare la massa a implodere su se stessa. Lasciando a pochi, i nababbi, il grosso della ricchezza, le illusioni ai cortigiani, le briciole al popolo. Quando impareremo a usare le parole e a valorizzare la corrispondenza tra queste e i fatti? Quando reimpareremo a leggere, a studiare, ad ascoltare? A valutare dopo sopralluogo? Ad abbandonare i telefoni e a camminare nei luoghi? Ad essere noi stessi non-distaccati dagli stessi, luoghi, dove operiamo e viviamo? Prima di parlare. Chi amministra i luoghi conosce i luoghi o è un pagliaccio del sistema come il Commissario Vernizzi sulla Pedemontana che non era mai stato sopra le colline della Valle dell’Agno prima di disegnare la follia di questa immonda strada? Immonda, non a caso. Vedi immondizie a Montecchio emerse in questi mesi. Nel silenzio di tutti gli amministratori. Come per la Fontana di Valbona.
  10. Perché ci vuole così tanto tempo per avere i dati delle analisi sui PFAS, sia nel sangue sia sugli alimenti, in un’epoca di grande spinta tecnologica dove i macchinari e il personale non mancano se veramente si volesse avere una risposta rapida? Perché i cittadini della Zona Arancione sono costretti a spendere 200 euro a cranio per sapere cosa hanno nel sangue o ben di più per sapere quanto contaminati sono le acque di casa o gli alimenti? Perché sono costretti ad andare in Friuli o Napoli per avere delle analisi che se ci fosse serietà sarebbero istituite pubblicamente nei Comuni di tutte le zone contaminate? Quanto ci vuole acquistare un macchinario in più di fronte agli 80 milioni di euro per le fonti o alle milionate di euro con cui si riempiva la bocca Mantoan quando ancora riusciva a parlare, nell’estasi del suo primato sanitario di essere primi al mondo per una lordura del genere? Che danno avrebbe la Regione a lasciare che i volontari delle zone contaminate di qualsiasi colore si facessero le analisi, visto che non tutti vogliono farle? Nessuno, a parte il tempo. Tutto sarebbe veloce ed efficace. Invece sono passati 5 anni. La prova provata del temporeggiamento e di ciò che esso copre. Non ultimo il gravissimo ritardo della pubblicazione della relazione della Commissione speciale regionale sui PFAS – costretta a “ristabilirsi” – che dimostra lo spessore politico di un’intera classe e getta ulteriore dubbio dopo la richiesta di concordato da parte della MITENI. La politica prende tempo. Per il bene di chi?

Se solo un Luciano Ceretta – il consigliere provinciale che sollevò la questione permessi alla MITENI nel 1995 e molte altre questioni territoriali – fosse stato presente nei parlamenti di questi signori, nessuno oggi sarebbe in piedi di fronte a ciò che un grande uomo politico può fare con la sola forza degli argomenti. E dei documenti. Invece, qui da noi, si blatera tanto, si tace sulle questioni importanti, si investe nelle missioni mediatiche, ci si presta a facili audizioni parlamentari, nel mentre la fabbrica di morte ha continuato e continua a produrre. Prima della fuga.

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CONCLUSIONE

Essendo il Concordato in continuità una forma di ricatto, di estorsione, che va respinta; essendo l’imbarbarimento della massa dovuto alla pochezza dei nostri politici e alla inefficacia della giustizia; essendo la Regione non più credibile per la ragioni poste sopra e perché chiede un altro studio (Bur. 60 del 19 giugno 2018) che la MITENI dovrebbe già avere e che dovrebbe eventualmente essere imposto dalla Procura e non dal controllato/controllore; considerato tutto ciò propongo alla parte vitale del movimento cittadino di:

  1. chiedere l’allontanamento dell’indagine PFAS dalle mani di Cappelleri, dalla Procura di Vicenza, se entro le date indicate non vediamo il sequestro cautelativo dei beni della MITENI.
  2. di procedere con l’ipotesi barricate/presidio di fronte alla fabbrica, ad ottobre, nel caso la stessa fosse ancora in produzione, fosse accolto il suo concordato e non fosse fatta una caratterizzazione capillare del sito, come necessario e richiesto dal NOE nel novembre del 2017.

A novembre 2018 invece si prefigura una grande Convention Internazionale sui Crimini Ambientali a seguito della giornata del 22 aprile. Di cui la Regione Veneto sarà protagonista.
Organizziamoci.

Alberto Peruffo
Montecchio Maggiore, zona contaminata.

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* Se Ortega Y Gasset oggi fosse vivo, per assistere a quello che sta capitando in Veneto, aggiornerebbe il suo celebre testo La ribellione delle masse (1930) con l’aggiunta di un nuovo capitolo: L’imbonimento delle masse (2018). Anche solo per consegnarci un’appendice aggiornata e pertinente a quello che lui già aveva intuito e noi stiamo vedendo: una finta ribellione perché la massa stessa, in sé e per sé, senza sani conflitti e diversità – il voler tutti mediocri e identificabili in un’unica entità, dominante, identitaria, pensiamo alle sigle MAMME NO PFAS, PAPÀ NO TAV, NONNI NO TAP, senza valorizzare il fatto di essere gruppi molteplici e diversi, formati da singoli cittadini attivi, dotati di intelligenze multiple, che agiscono collettivamente per il bene comune che non è solo PFAS, solo TAV, solo TAP – è la quintessenza stessa del sistema, il quale non ha altro scopo che imbonire le parti più vitali dei movimenti, del movimento – dialogando con le fragili – per riportare tutto alla quieta domesticità della vita – fatta di grigliate, sagre, feste identitarie e altri ammennicoli vari che qui, nel Nordest, sono oggi tradizioni prioritarie – non certo proletarie, le classi sono sparite – rispetto ad altri piaceri della vita. Anche a quello primario, contadino: bere un bicchiere di acqua pulita. Meglio un prosecco e un durello col bisolfito – un aperitivo figo, griffato, in compagnia – che informarsi se l’acqua è buona. Davvero buona. O falsamente buona, perché un palliativo depredato da altri territori.

alberto_peruffo_CC
ANTERSASS CASA EDITRICE
25 giugno 2018

riunione generale NO PFAS
L’immagine dell’ultima convocazione generale del 31 maggio 2018 presso la Fattoria Didattica Massignan durante l’ABILITANTE SOCIAL FEST

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