Intervista post serata Olimpico presso il Giardino dell’Olimpico tenutasi l’indomani pomeriggio dell’evento da parte di alcuni giornalisti (G.A. e G.B.) ad Alberto Peruffo (AP), convocati per una breve Conferenza Stampa. Riportiamo lo sbobinamento digitale, leggermente ritoccato. Un curioso dietro le quinte del più antico teatro al mondo al coperto…

Giornalista A – Allora Alberto, soddisfatto, ti vediamo pensieroso?
AP – Lo sono sempre (ridendo). Sì, soddisfatto, anche se ho avuto diversi imprevisti.
G.B. – Quali?
AP – A parte il via vai della prenotazione-disdetta-caccia al biglietto – via vai previsto – abbiamo avuto un terribile misunderstanding con l’agenzia che curava il Teatro e con l’Ufficio dei Teatri di Vicenza. Due parti distinte. Ci hanno consegnato mappe delle sedute una diversa dall’altra. Dieci giorni prima avevo chiesto una verifica sulle mappe. Fatto sta che nell’ultima comunicazione, quella ufficiale con la Concessione per la sera, l’ufficio Teatri mi allega un file con una mappa progressiva da 1 a 470. Lavoro una settimana per mettere a sedere – come fosse un’opera d’arte – 200 persone di varie provenienze – per fare incrociare i loro percorsi. Un’ora prima di aprire le porte del Teatro scopriamo che la mappa consegnataci è sbagliata. Quella giusta mi viene confermata alle 18 del 26 aprile. Le file sono numerate per lettere A-B-C-D etc. Il finimondo. Grazie alle mie bravissime collaboratrici, Giada e Nicole, riusciamo a riscrivere tutte le buste dei biglietti. Uno sforzo immane trovare le corrispondenze… Ma, circa, ce l’abbiamo fatta. Ho perso un anno di vita… in un’ora.
G.A. – In effetti all’apertura della porta, e anche in gradinata, c’è stato grande movimento.
AP – Forse anche di più di un movimento. Era tutto esaurito… Qualche posto è saltato e non avendo più il file excel valido per le sedute, pure qualche ospite omaggio o riservato, che avevamo invitato per nostro piacere o per autorevolezza, o per necessità, è “slittato”. Comunque la direttiva era, nel dubbio, di far pagare tutti e di farli sedere nei posti all’interno dei gradoni riservati. Niente di elitario. Prezzo popolare per tutti. Ma solo connessioni ai più impercettibili. Sottolineo, per chi ha storto il naso per 20 euro (sigh!), al Teatro Olimpico! dove si pagano 11 euro per stare dentro 15 minuti come visitatori… che tutto l’avanzo di spesa va in beneficenza all’orfanotrofio di Yanama in Perù, legato al Centro Andinismo Renato Casarotto.
G.A. – Mmm… davvero strano sentire parlare di avanzo di spesa… Non siete mica coperti da sponsor, TFF, le Sezione del CAI, il CAI generale! Dovrebbero pagarti oro per un evento del genere, con tutti gli alpinisti di primissimo piano che c’erano!!! Il Festival, poi. E la location di assoluto prestigio…
AP – Non entro nel merito economico. Per fare quello che è stato fatto ho deciso di prendermi tutti i rischi, anche quelle economici. Altrimenti, se aspettavo gli altri, niente si sarebbe fatto. Ho solo un forte rimpianto.
G.B. – Quale?!
AP – Di essermi dimenticato di ringraziare pubblicamente l’unico vero amico e persona che mi ha aiutato dall’inizio alla fine sul fronte motivazionale ed economico, Davide Ferro, il gestore del Rifugio di Campogrosso. Uno sponsor che conserva ancora il valore della radice latina della parola. Non come la maggior parte di quelli che esistono oggigiorno. E non tanto per questo, mi rammarico, ma per non averlo salutato pubblicamente di fronte alla platea, lui e il grande Franco Michieli [autore di Huascaran 1993, il testo che racconta il tentativo della ripetizione della Via Casarotto all’Huascaran Norte, la storia della spedizione che ha dato via al percorso di andinismo dell’Operazione Mato Grosso e alle Guide Don Bosco 6000, libro Premio Gambrinus 2014], appena arrivati dalle brughiere della Scozia, attraversate con lo stile inconfondibile di Franco, senza strumenti e senza mappe. Un omaggio allo spirito esplorativo di Renato Casarotto portato sull’orizzonte – l’orizzontalità – delle montagne. Nell’attraversarle. Ma aspetta, non è tutto… Senza la straordinaria serata della Sisilla su a Campogrosso, non sarei mai arrivato all’Olimpico. E’ stata la tappa fondamentale di questo difficile percorso per ottenere il Teatro Olimpico… altro che quelle superficiali considerazioni che ho dovuto fare in scena deviato dalla semplicistica affermazione fatta dall’Assessore Zanetti! Che mi ha fatto incrociare le budella del cervello. Insomma mi sono dimenticato di due carissimi amici – miei compagni di spedizione! – che erano giunti dalla Scozia appositamente studiando il volo di ritorno ad hoc. Un errore imperdonabile.
G.B. – Capita anche ai più precisi… Dai… Non prendertela troppo… Se poi ci metti biglietti più Assessore… Comunque davvero pirotecnica la chiusura e la stoccata all’Assessore!
AP – Niente di che. Anzi, col senno di poi, trovo oggi ancora più fuori luogo la sua leggera affermazione, non la sua presenza, sul Teatro Olimpico. Zanetti è il classico bravo ragazzo messo lì da amministratori paurosi. A semplificare. Assessore alla semplificazione!
G.A. – Che intendi dire, forse ti riferisci alla lacunosa assenza sia del Sindaco che del Vicensindaco?
AP – Ma. Può essere. Il Sindaco aveva le sue buone ragioni. Le mie condoglianze per la morte del padre, centenario. Ma non sarebbe venuto lo stesso. Sa che giocava con il fuoco in un teatro di legno. Sul Vicesindaco non so cosa dire.

G.B. – In che senso?
AP – Come ho detto, o non l’ho detto? … è ridicolo parlare di difficoltà nell’ottenimento del Teatro, di fronte a una platea del genere. Di fronte a Renato Casarotto tutti dovevano tacere ed ascoltare, altrimenti avrei mosso una rivoluzione. Una sommossa culturale. E poi questi amministratori giovani non conoscono neppure la storia del teatro. Oltre che la nostra per arrivare fino a lì. Mi sono infatti dimenticato di dire che il Teatro – pur essendo io per niente amato dai politici per il mio impegno civile contro le frivolezze dei vari sindaci, in città, vedi Zonin, Basi Militari e Teatri incivili – non era la prima volta che me lo davano come regista culturale. Anzi, nel 2009, con il Quintetto amplificato di Vinicio Capossela penso di aver organizzato il concerto più difficile – sicuramente per apparecchiature – del Teatro Olimpico. Domandatelo alla Direttrice dei Musei Civici di allora. Ma Zanetti non sapeva questo, forse, e non sapeva neppure che a novembre presso la Chiesa di San Lorenzo ho diretto – sempre con il Gruppo Olimpico della Montagna, chiamiamolo così – avevo organizzato il Grande Concerto per il Nepal: tutto esaurito e 10000 euro raccolti in beneficenza! In gradinata ieri sera c’era il direttore Giuliano Fracasso, che ahimè, mi sono dimenticato di salutare e ringraziare, pure lui. Un altro grande rimorso che farò fatica a digerire, causato sempre dall’uscita poco felice – per me – di Zanetti. Che ha impegnato la mia mente. In fin dei conti, c’era troppo gente da ricordare…
G.B. – Curioso, il Gruppo Olimpico della Montagna… Che cos’è?
AP – Un favoloso gruppo di persone che si è trovato per mesi presso la Sede del CAI di Vicenza. Non solo CAI, ma GAM, GAV, GM e SAV. Insomma tutte le forze della montagna. Vorrei citare la grande dedizione, generosità di tempo e competenza di persone come Emma Dal Pra, presidente del CAI di Vicenza, e Gianpietro Zambon, amico di gioventù di Renato.
G.A. – Insomma, un gran lavoro, di relazioni… C’era il mondo… ieri sera.
AP – Sì, un’opera di relazioni.
G.B. – Ma torniamo allo spettacolo Due Amori. Soddisfatto vederlo nell’imponente scenografia dello Scamozzi?
AP – Sì. Ma anche no.
G.B. – Cioè?
AP – Un problema di microfono all’inizio mi ha dato molto fastidio. Non solo a me. Comunque nel complesso, Massimo Nicoli e i musicisti, restano sempre dei grandi performer. Neppure loro possono dominare la tecnologia. Pensa tu, noi… Per quanto ti affidi ai massimi esperti e a microfoni nuovi. Pure un microfono di scena, per gli ospiti, non funzionava. Che miseria inciampare sulla tecnologia. Comunque poi restano le emozioni e gli aspetti tecnici si dimenticano.
G.A. – Tuttavia, la chiusura con Mantovani e Gogna è stata davvero magistrale, non credi?
AP – Assolutamente sì. Roberto ed Alessandro sono stati perfetti. Non una parola di più non una parola di meno! Davvero magistrali. Non aggiungo altro di fronte alla loro chiarezza e lucidità.
G.B. – Un’ultima curiosità. Passando nell’anti-Odeo, cercando di rincorrerti, tu che odi le interviste (n.d.r l’ultima è del 2007 per The Wandering Cemetery, poi censurata in parte dal Giornale di Vicenza)… ho visto la compagnia teatrale tutta raccolta intorno a te, quasi intontita e meravigliata della tua chiusura pirotecnica? E forse pure timorosa della tua ira per il microfono…
AP – Dici?
G.B. Sì. Ricordo un preciso passaggio. “Non te lo daranno più l’Olimpico…”
AP – Voi che dite?
G.A. – Effettivamente, il tuo spirito irrequieto e le tue istanze ambientaliste antimilitariste non sono digeribili dai pre-trattino-potenti, come dici tu… E sono loro al potere, anche a Vicenza… Come ovunque…
AP – Ti rispondo come ho risposto a loro. Gli amministratori passano. Le idee coerenti restano. E gli ho ricordato del 2009 con Capossela.
G.B. – Già. A riguardo… deve essere davvero difficile tenere quella scena. Ma che soddisfazioni. O no? A proposito, ho visto grande entusiasmo e abbracci a fine serata da parte di moltissimi tuoi amici, anche loro scossi dalla chiusura, ma entusiasti. Ci racconti le sensazioni o le soddisfazioni più forti?
AP – Ovviamente solo gli abbracci si prendono a viso aperto. I calci ti arrivano da dietro e non possono tirarteli in faccia. Ma di fronte alla serietà di un percorso si riescono anche a parare i calci. E poi fanno bene alla salute della nostra intelligenza. Soddisfazioni? Partirei dall’entrare in Sede del CAI di Vicenza – a circa mezzanotte – e vedere un sacco di gente, di alpinisti famosi, Gogna, Mantovani, Ferrari, Moretto, chi altro… boh… io ero lesso… sì, ricordo un Kurt Diembeger e un Agostino Da Polenza seduti insieme che parlavano tranquillamente di montagna bevendo un buon bicchiere di vino. Sembrava un film. Ho bevuto il giusto. Il vino dei giusti. Mi sono quindi scusato – ma non giustificato – con Emma per il mio finale, come dite voi, pirotecnico. Ho avvicinato anche suo marito, sindacalista della base americana (n.d.gg.!!!), dicendogli che solo “uccidendomi” – nella mia indole genetica, o fisicamente – si poteva pensare di fermarmi, ribadendo che riconvertire le basi in un campus universitario per i diritti umani e per i corpi civili di pace sarebbe la soluzione migliore per tutti. Anche per lui. L’UNESCO non può rimanere a Vicenza. Altro che economia di guerra. Altro che vedere un Bulgarini d’Elci (Vicesindaco e Assessore alla Crescita delle Città, “crescita”, sigh!!!) che porta lo stato maggiore militare americano a visitare l’Olimpico. I luminari docenti di Yale, Harvard, Columbia, Princeton… vorrei vedere! Come mi sarebbe piaciuto dire in scena che è davvero triste l’imbonimento culturale che usano gli strateghi delle guerre per aggredire e deviare l’immaginario dei soldati americani! …promettendo di vivere dei bei giorni a Vicenza, in Italia, nella Città del Palladio – tengo d’occhio ogni giorno i loro social – per poi mandarli a morire sui fronti di guerra voluti dai grandi poteri. Dai ricchi e potenti e assassini di tutte le nazioni e religioni. Quali americani versus italiani!? I soldati sono le prime vittime di questo sistema marcio di cui gli stessi amministratori sono delle macchiette operative. Penose di fronte alle loro assenze e viltà. Io ho visto la morte negli occhi dei soldati. Ho parlato con loro… Come ho visto, invece, ieri, l’amore negli occhi di molte persone. Per questo ho chiuso con “non c’è mai necessità della guerra, ma di amore. Di due”. Sì. Ecco, le cose più belle di questi giorni sono stati l’abbraccio di Goretta, davvero contenta, in sede del CAI… i 15 minuti passati sotto i portici con il grande Renzino Cosson e sua madre di 94 anni, che mi raccontavano di Renato, alle 1 di notte. Indimenticabile. Ricevere poi a notte fonda, prima di rincasare e prendere l’auto con Enrico Ferri, grande fotografo, mio compagno della recente spedizione himalayana, un dono impacchettato dal regista Davide Riva (autore di Solo di cordata, n.d.r.). Questa mattina sono rimasto impietrito quando l’ho aperto alla presenza di mia moglie Martina e di Enrico. Nascosto tra un cartone superprotettivo c’era Paropàmiso in edizione del 1963 di Fosco Maraini. Il più bel libro che io potessi desiderare (la mia copia CDA c’è l’ha Monika Bulaj! E Davide lo sapeva)… Che dire? Sono rimasto senza parole. Simbolicamente dimostra l’aver capito fino in fondo le mie fatiche, le mie connessioni culturali, per ricordare Casarotto. Infine, le telefonate di questa mattina di Goretta, di Ermanno (Salvaterra, n.d.r.) che era a 5 km dal Teatro e ha dovuto tornare per un grave inconveniente familiare. Mi hanno tenuto su più di un’ora raccontandomi cose che nessuno sa di Renato. Per chiudere con la chiamata di un caro amico, che mi ha confidato che se il mio obiettivo è trasmettere quello che ho trasmesso ieri sera dalla scena, a prescindere da quello che ricaverò (niente!), quella è la mia strada. Basta, se no me la tiro. Tanto ora ho chiuso con l’olimpo…
GB – Infatti. Un’ultima cosa. Che farai ora, dopo il Monte Olimpo??
AP – La Marcia contro i PFAS! Quella che ho annunciato in scena per sottolineare l’atavico disimpegno dei soci del CAI in pianura. Figli dei fiori in montagna, amebe in città. Questa mia autocitazione l’ho dimenticata.
GB – Certo, lo sappiamo. Ma intendevo di artistico-alpinistico…
AP – Beh… anche in quella marcia ho inserito un concept. I pFiori. I fiori inquinati dalla p! Comunque dopo la marcia, farò… scrivi: ACCA, trattino, AMBIENT. Ripeto: ACCA, trattino, AMBIENT. Al quadrato. Te lo scrivo io H-AMBIENT con il 2 sopra alla T.
GA – Che significa?
AP – L’incontro tra ambienti himalayani e la musica elettronica, l’ambient digitale, la fotografia d’arte. Con un macchinario a vento, secondo la definizione di una tipa che l’ha visto… nella mia libreria, mentre provavo. E poi “Non torneranno i prati PERFORMING ROOMs”. Un tour sempre con il macchinario. Una roba che mette in moto e consegna, come fosse vento, tutto il mio immaginario. Time will tell.
GA e GB – Ah!
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Rassegna stampa post-Olimpico:
L’ARTICOLO SU BANFF
http://www.banff.it/i-due-soli-di-renato-casarotto/
L’ARTICOLO SU MONTAGNA TV
montagna.tv/cms/93649/trento-film-festival-a-vicenza-si-omaggia-renato-casarotto/
L’ARTICOLO SU MANIFESTO-CULTURA
http://ilmanifesto.info/lo-scalatore-delle-imprese-visionarie-su-pareti-ghiacciate/
L’ARTICOLO SUL GIORNALE DI VICENZA
http://www.ilgiornaledivicenza.it/home/cultura/appuntamenti/casarottopioniereinimitabile-1.4822664
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Tutte le foto e la Galleria Fotografica sono di Enrico Ferri.
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Dalla rete un solo simpatico stralcio da uno dei tanti commenti arrivati e pubblicati, quello degli amici di Malga Sorgazza: «Che serata ieri sera! Grazie a te e a tutto il gruppo di lavoro… ho visto tanti visi famosi, molti conosciuti e altrettanti cari amici. Sono certo che se eravamo tutti seduti vicini lo dobbiamo alla tua impeccabile regia… grazie anche per questo!»
ONORATI per la citazione!