DEPISTAGGIO | Il crollo della Regione Veneto sui PFAS | [io, tu, NOI] CONTRO-QUERELIAMO LA REGIONE VENETO | La mappa GIS NAVIGABILE della contaminazione CHE INCHIODA LA REGIONE [querelante?] al proprio destino, quanto il suo Comunicato di QUERELA | il caso GenX/C6O4 [i nuovi GIS], la questione alimentare, le analisi del sangue non concesse, i buchi neri | arriva THE DEVIL WE KNOW

Tutte le info aggiornate sui PFAS le trovate su PFAS.land >> informazione ed azione contro i crimini ambientali
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Sullo sfondo, dalle creste del Pasubio, la straordinaria mappa GIS di PFAS.land sulla contaminazione dei nostri territori >> accedi alla mappa!

PFAS. Tra querele e cose non dette e non scritte.
Un po’ di ordine. Prima del 26 maggio 2019

di Alberto Peruffo

PREMESSA

Depistaggio, dépistage, portare fuori pista. Nulla di più, nulla di meno. Era già accaduto qualche anno fa, il 25 gennaio del 2017, quando la Miteni e l’Arpav parlarono di rifiuti trovati lungo l’argine della Poscola, appena fuori dalla proprietà dell’azienda ritenuta colpevole del crimine ambientale che oramai tutti riconducono al termine PFAS. Ricordo che pure allora usai il termine depistaggio per dire, attenzione, ci stanno portando fuori pista. Se anche ci sono, come ci sono, quei rifiuti interrati, non dimentichiamo che dobbiamo andare a cercare dentro al recinto di proprietà, sotto gli impianti, non fuori. Spostare l’attenzione fuori, con tanto di campagna mediatica messa in opera dalla propaganda Miteni e dai giornali di regime, lo trovai una furbata di grande efficacia massmediale, ma infantile. Perciò da sgretolare, quanto prima, con la parola giusta. Prima che l’infanzia diventasse pista battuta da adulti.

La storia si ripete. Lo sappiamo. Con delle differenze. E se riproduce modalità simili, ma con aggravanti, gli aggettivi aiutano. Così accade che un mese fa Zaia & c. escono con la storia che il Po è contaminato, da tonnellate di PFAS, in particolare dal C6O4. Conoscendo la storia della Miteni e della Dupont, avendo pacchi di documenti che abbiamo studiato, io e miei compagni, questo nuovo depistaggio mi è apparso vile. “Di poco valore e di poco prezzo”. Tuttavia superiore alla radice latina. Perché messo in opera da uomini vili. Privi di coraggio e di responsabilità. D’altra parte, il lessico somatizza gli abiti degli ignari, rende corpo alle nostre paure.

Dirò di più. Mi sembrò, di primo acchito, quando fui interrogato alla prima conferenza pubblica dopo la notizia, uno scarico al quadrato. Uno “scarico” di responsabilità su di un fiume che già da anni è vittima dei PFAS, inquinamento che ora, grazie a questi due nuovi eteronimi messi in pasto all’opinione pubblica, GenX e C6O4 , diventa d’un tratto, quasi fosse una fiaba per bambini, una “scoperta”. Da mettere sul piedistallo. Dell’acqua calda! Per arrivare ad affermare che il problema non è solo del Veneto, ma di tutta Italia. Nazionale! Una mezza verità e una mezza balla.

Lo dico, lo scrivo, lo ripeto: questo depistaggio è un mio ragionato parere personale. Opinabile. E per questo querelabile? Oppure no? Lo chiedo a voi, difensori della democrazia e del libero pensiero.

Intanto mettiamo un punto fermo come premessa: è proprio questo procedimento spannometrico, delle mezze verità, che sta mettendo in dubbio la fiducia di un’intera Regione, deteriorando la stessa autorità che le istituzioni, di suo, dovrebbero avere. Procedimento che le nostre parole precise, per niente spannografiche, stanno per sottolineare. Come le nostre azioni [v. Galleria sotto].

[nella Galleria, alcuni momenti della lotta No Pfas: azione davanti al Palazzo della Regione, 7 dicembre 2017 – Assemblea del movimento in Sala Consiliare a Sarego, 18 settembre 2018 – Contromanifestazione davanti alla Miteni per il Leone di Plastica, 14 ottobre 2018 – Serata incontro operai Miteni-Cittadini in Sala Civica a Montecchio, 26 novembre 2018]

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QUESTIONE DI FIDUCIA

Come si fa ancora dare fiducia a una Regione – con tutto il rispetto dovuto, se meritato, all’Istituzione – quando i fatti dimostrano il contrario? Prima di entrare nel dettaglio puntuale che spezza pezzo per pezzo le mezze verità della Regione Veneto, in una specie di lettera di contro-querela immaginata come un prodotto della letteratura di indagine, da film poliziesco – la mia parola depistaggio è stata causa di un vero film – per evitare querele e denunce (nello scrivere mi atterrò ai fatti, tuttavia senza trascurare la costruzione letteraria), desidero sottoporre ai lettori più avveduti una semplice ricostruzione dei fatti, che potranno loro stessi vedere il 7 di giugno, quando al Teatro Astra sarà proiettato il film The Devil We Know che racconta la storia della contaminazione da Pfas negli Stati Uniti. Film che sarà la pietra tombale per i dirigenti della Regione Veneto, siano essi assessori, commissari o altro, perché il prezioso documentario porterà all’attenzione del pubblico italiano una questione radicale, impressionante, direi quasi disarmante se messa nelle mani dei Procuratori di Vicenza: è impossibile che un dirigente di qualsiasi profilo sia completamente all’oscuro di quanto emerge dal film, dai danni causati dai C8 (Pfas di “vecchia generazione”) alla sostituzione con il GenX (Pfas di “nuova generazione”), anche perché lo stesso protagonista del film è niente di meno che Robert Bilott, venuto a portare la propria “testimonianza americana” in Italia l’ottobre del 2017, non solo in un Teatro di Lonigo strapieno, ma davanti alla Commissione Regionale Pfas e in Procura. Certo, alcuni in Commissione dormivano o giocherallavano con il telefonino, di fronte al più grande esperto giuridico al mondo in materia. Ci sono testimoni che possono testimoniarlo: Bilott stesso.

Di fronte a questa oscurità “non evitata” due sono le opzioni: o, per l’appunto, dormivano – e hanno continuato a farlo – o hanno insabbiato, di proposito. Per quale ragione? Non sta a noi dirlo. Certo, forse per temporeggiare, per evitare i futuri danni collaterali. Sopratutto alle parti colpevoli, non tanto per la misera e bistrattata popolazione. Qui faccio emergere un altro tassello teorico che deve divenire patrimonio popolare, pratico: non esiste solo la responsabilità, ma pure la corresponsabilità.

Scrivetevelo sul vostro quaderno di viaggio. Di programma.
«Non esiste solo la responsabilità, ma pure la corresponsabilità».

Prima però ricostruiamo in breve i fatti. Lo facciamo non per amore di conflitto, come una controquerela arbitraria. Ma perché il loro sonno non deve essere il nostro, e soprattutto perché i danni non saranno cancellati, al risveglio. Sia nostro, sia loro. Anzi, C6O4 e GenX sono arrivati a Montecchio e a Creazzo, in questi giorni… Sembra. Secondo la loro ridicola narrazione dei fatti.

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7 giugno 2019 presso il Teato Astra, il film tradotto da 16 gruppi di ragazzi dell’Isitituto Boscardin

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UNA BREVE RICOSTRUZIONE

Di seguito una breve traccia pubblicata su FB qualche giorno fa. Con qualche ritocco. Stiamo infatti acquisendo documenti sempre nuovi, già a disposizione delle autorità competenti, sia in USA sia in Italia. Basta studiare.

La 3M – fornitrice della DuPont – smette di produrre i C8 – ritenuti pericolosi e patogenici – nel 2000, la cui produzione sarà spostata all’interno della DuPont e in altre parti del mondo. Si inizia a pensare ai catena corta (GenX ed altri, brevettato nel 2005). Non solo. Successivamente, dopo ulteriori studi sui C8 e derivati, la DuPont “invita” l’Europa (Olanda e Italia) a produrre, oltre ai C8, i suoi nuovi sostituti, prima il GenX e poi il C6O4, che arrivano da noi come scarti, il primo smaltito/riprodotto a Trissino, il secondo a Spinetta Marengo. Per lo più. I due composti sono infatti sostanzialmente la stessa cosa. Hanno delle minime variazioni per permettere a ciascun produttore (GenX=DuPont; C6O4=Solvay) di commercializzare il proprio prodotto. Siamo tra il 2011 e il 2013. La DuPont nel 2013 cessa la produzione di PFOA definitivamente, messa in ginocchio dalla causa civile americana e dalla scienza, che avverte di bloccare tutti i PFC, i derivati del fluoro, come sversamenti delle produzioni.

Nello stesso periodo, nonostante una prima indagine (Perforce 2006/7), l’Europa e l’Italia, in ritardo, per ovvi interessi economici e perché ospitanti aziende collaboratrici della DuPont, iniziano a cercare i vecchi PFC sui propri fiumi (trovati ufficialmente nel 2013), dopo L’ALLARME GLOBALE lanciato dal C8 Panel, il gruppo di studiosi nato a sostegno della class action americana contro la DuPont. Si arriva – già allora – sul Po. Alla Solvay Solexys di Alessandria (Spinetta Marengo) e alla Miteni di Trissino. La ricerca IRSA-CNR, iniziata dal tecnico Polesello nel 2011, sarà resa pubblica, ufficialmente, come detto, nel 2013 [vedi APPENDICE 1]. Nel frattempo la Miteni – con il permesso firmato dalle nostre istituzioni nel 2014 – perché i nostri dirigenti avevano e hanno altro da fare, fingendosi operatori, invece di studiarsi la montagna di letteratura prodotta dal C8 Panel nata dall’indagine BilottVSDuPont, iniziata nel 2001 [inciso ironico, che si rifà al GdV 28/04/2019, ndr] – converte la produzione dai C8 con cui hanno devastato le falde nel primo periodo (ora sotto processo) in C6, ossia GenX e forse C6O4 (stiamo studiando le ultime carte arrivateci in possesso). Con la prospettiva di arrivare ai C4, se non fossero stati fermati.

I documenti del C8 Panel sono in rete, accessibili al mondo intero. Un dirigente ha il dovere di leggerli. Non solo, è pagato per farlo.

Ora, spostando l’attenzione sui C6O4, che arrivano, perlopiù, da Spinetta Marengo, la frittata è fatta. Sul Po. Creando confusione con le “tonnellate di Pfas” presenti, già rivelate nel 2013, e la distinzione precisa tra le sostanze di nuova generazione. Nessuno parla più nello specifico di cosa sia il GenX, da dove venga, in quale anno, come viene lavorato dalla Miteni, chi dà i permessi (in piena emergenza Pfas), pur essendo già a conoscenza che è un sostituto del C8, lavorato dalla stessa fabbrica che già produceva lo stesso C8, in barba al principio di precauzione da applicare a tutte le sostanze derivate dalla famiglia messa al bando non dai comitati, ma da gruppi di autorevoli scienziati, tra cui il Panel C8, i quali avvertivano il mondo intero sulla pericolosità dei perfluoroalchilici che stavano contaminando il globo. Non solo, sul GenX, dai dati in nostro possesso, la Regione Veneto e la Provincia non sono intervenuti fin quando il governo olandese non ha allertato l’Italia sullo strano traffico di scarti di GenX che era in corso tra l’Olanda e Trissino! [v. documento Greenpeace in calce]. Anzi, rilascia l’AIA nel 2014 e nel luglio del 2017 firma il permesso per un cogeneratore (inceneritore) necessario alla sopravvivenza della Miteni!

[…] Spostando continuamente l’attenzione, prima sul Po, ora SOLO sulla dirigenza Miteni (vedi articolo GdV 11/05/2019, riportato sotto), dimenticandosi che esistono organi di studio e di tutela, pagati per questo, commissari e dirigenti compresi, pure in loco, perché altolocati nelle loro competenze e retribuzioni, e ancor più per responsabilità civile perché hanno in mano la salute di una popolazione, non banconote di banca – la Provincia e la Regione si dichiarano INNOCENTI, per concentrare infine tutta la loro forza sui limiti nazionali, come dimostra – ripeto – questo articolo (v. sotto).

Nel proseguo del post che qui trovate linkato, mi soffermo sulla “farsa” dei limiti nazionali e internazionali, un continuo rimpallo sull’AMMINISTRAZIONE DELL’INQUINAMENTO, per delle sostanze che sono state condannate dalla scienza di tutto il mondo e che hanno già fatto sborsare alle DuPont 1006 milioni di dollari come risarcimento per lesioni alle persone. Senza mai entrare nel merito dei limiti. Fanno male e basta. Tanto o poco, non importa. Stop.

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Leggi il post dove trovi la prima versione della cronistoria e questione limiti nazionali PFAS

Possiamo capire la necessità dell’ente Provincia di autotutelarsi, ma non è questo il modo di raccontare le cose. Le autorità avevano il dovere di informarsi da sé su quello che stava capitando dentro la fabbrica e sul GenX, brevettato ancora nel 2005. Emerge poi questo fatto: Solvay e Miteni registrano il C604 presso l’ECHA nell’ambito del Regolamento REACH ancora nel 2011 [fonte Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica]. Dove erano i nostri dirigenti – sia del Ministero dell’Ambiente sia della Regione – e perché dicono – sempre sul GdV, citando addirittura il REACH – che quelle sostanze esistono solo oggi “nella batteria di analisi”?! Era proprio necessario il Po per chiedere i limiti nazionali o questa questione dei limiti è solo un divertissement per non concludere niente? Perché non chiedere al Ministro Costa, visto che è nelle sue competenze, di riportare i limiti delle acque profonde a quelli rimossi dal Ministro Galletti? Perché abbassarsi a ridare la proprietà all’ICIG a un milioncino e mezzo x 5, come sconticino di pena, per un disastro molto più grave, senza contare che le stesse stime della bonifica sono state valutate oltre i trenta milioni di euro [v. Audizione PFAS Ecomafie] e che negli Stati Uniti stanno risarcendo cifre di cento volte superiore per una contaminazione inferiore?

Molte restano le domande, come l’ultima inquietante: dove sono finiti i documenti che Nardone si vantava di aver condiviso con le autorità competenti, il Ministero dell’Ambiente e “prestigiosi” istituti di ricerca internazionale con cui da anni collaborava? Dove sono le carte di bonifica elaborate dalla ERM?

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CURIOSITÀ. UNA VALANGA DI ARTICOLI SUI GIORNALI DOPO LA PAROLA DEPISTAGGIO

Curioso che l’uscita della contaminazione del Po sia uscita dopo la pubblicazione del GIS [accedi alla mappa navigabile!] ad opera del Gruppo di Lavoro di PFAS.land [leggetevi nell’APPENDICE 2 quanto dichiarato da un dirigente del Ministero audito il 7 maggio 2019!]. Curioso pure che la minaccia di querela sia partita di fronte a un dubbio di opinione “sul portare fuori pista” – depistaggio – emerso durante la trasmissione Centocittà Radio Rai 1 [qui il podcast] – dubbio legittimo che si fonda sull’ampia mole di dati a mia conoscenza sui PFAS, inquinanti riscontrabili in tutta la Regione, per varie cause, ma il cui epicentro di produzione, resta sempre la Miteni di Trissino, con tutta la catena di corresponsabilità, catena «da non diluire nel Po». Non solo, spostare l’attenzione sul Po citando il C6O4, in modo generico, senza riportare la probabile fonte primaria dello sversamento – la fabbrica Solvay di Spinetta Marengo – come già emerse nell’indagine Arpav 2013, farlo dopo 6 anni, dissociandolo dal GenX [come riportato dal GdV del 28/04/2019!!], come fossero nettamente diverse e non riconducibili alla stessa matrice chimica, dà l’impressione di voler alimentare un colabrodo di cui non si riconoscono i responsabili, perché tutto finisce sul Po. Ma non si riconoscono soprattutto i corresponsabili, perché ci si appella a un livello superiore di tutela. Dimenticando le proprie inalienabili competenze. Arrivando addirittura a negare – o a equivocare – che il C6O4 fosse già registrato sul REACH, come si deduce dalle parole di Dell’Acqua nel GdV del 28 aprile 2019, e quindi non “ricercabile”.

Per mio conto – dissi in radio – parlare oggi di Po non solo è un depistaggio, ma un vile, depistaggio. Aggettivo uscito spontaneo dalla battuta radiofonica, dopo aver ascoltato le voci di Bottacin e Dell’Acqua, l’ultimo dei quali in palese imbarazzo su quello che stava espondendo… sul Po. Messo in dubbio pure – in diretta – da un politico dell’Emilia Romagna. Aggettivo associato a uomini senza il coraggio delle loro parole e delle loro azioni. A mio modesto, emotivo, libero parere. Volete querelare un aggettivo opinabile? Uscito dallo studio dei fatti? Rielaborati dalla mia indignazione? In diretta? Di fronte alle vostre per me insostenibili narrazioni? Mentre noi siamo contaminati? Fatelo! Sarete anche qui i primi al mondo, Veneti con la V maiuscola. Querelatori di un’indignazione.

Non è un caso che io abbia presentato con queste parole il GIS – la futura mappa popolare navigabile dell’inquinamento – sui social:

GIS-ARPAV di PFAS.LAND | una BOMBA PFAS-NUCLEARE SUL VENETO?

Il più grande inquinamento dell’acqua nella storia d’Europa a prova di click. «Accessibile al popolo» – ovvero sia la prima mappa digitale navigabile sulla contaminazione da Pfas, dove ogni cittadino potrà verificare quanto inquinati siano il pozzo, la risorgiva, il fiume, le acque in prossimità della propria casa, del proprio orto, le stesse acque con cui si irrigano i campi e si allevano gli animali, per arrivare poi in forma di alimenti non solo sul proprio piatto, ma anche su quello degli altri.

«Deve finirla la Regione Veneto di dire che è stata la prima a muoversi sui Pfas. Lo è stata come conseguenza del più grande inquinamento dell’acqua mai avvenuto in una civiltà occidentale a memoria d’uomo per opera della stessa Regione Veneto, delle sue industrie, dei suoi abitanti, dei suoi amministratori, dei suoi cittadini inerti. Di una ignominia. Chi governa questa Regione dovrebbe essere all’ultimo posto di qualsiasi classifica, non al primo. E come medaglia al collo, non certo sulla coscienza, dovrebbe portare l’insostenibile peso aspecifico della vergogna e dell’infamia, lo stesso che dovrà portare dentro le mura di un carcere chi ha avvelenato migliaia di persone, sapendolo. La giustizia deve perciò procedere. Senza tentennamenti. Il GIS è un dato di fatto e una prova schiacciante sull’avvelenamento in corso. Schiacciante e pesantissima. Domandiamoci: che alimenti producono quei pozzi che non sono stati bloccati – ma monitorati – tenendo all’oscuro il popolo sul da farsi? Cosa mangiamo?» – queste le dure dichiarazioni del coordinatore della Redazione nel redigere il lavoro di Davide Sandini e Marzia Albiero. Mentre la Regione non consegna ancora i dati sulle georeferenze alimentari.

Buona – anzi – non proprio buona – perché amara – navigazione!

Ovviamente il mio termine depistaggio non ha nulla a che fare con l’art. 375 del Codice Penale, a meno che esso non appartenga all’immaginario di persone che hanno visto troppi film polizieschi o che nel loro subconscio alimentano fatti che noi non conosciamo. Vi invito a leggervi l’articolo 375. Anche solo per questione di lessico. La giurisprundenza ha il suo fascino letterario. Oltre che di riscatto.

Così, prima di passare alla Lettera Immaginaria di Contro-Querela – il finale scoppietante di questa scrittura operativa – curioso è pure il fatto che il giorno successivo – con data retrodatata – la Regione crei la nuova pagina PFAS [v. link, oggi ridatata al 17/05, quand’era il 17/04, il giorno prima dell’annuncio di querela e della nuova pagina annunciata subito dopo] e che Dell’Acqua parli di Bacchiglione e Retrone nei giorni successivi [v. GdV 22/04/2019]. Un rimorso di coscienza? O un tentativo di riavvicinarsi alla fonte primaria dell’inquinamento? Per non citare la montagna di articoli che sono usciti nei giorni successivi. Una montagna. Per riportare tutti in pista? O per alzare gli argini di una pista che non regge più? Alimentando la confusione?

Tutto in questa vicenda è curioso, per non dire “indecente”, direbbe il mio combattivo Nonno Giovanni – guerra nell’anima sua – come quando misero i filtri Zero PFAS, tarati su 2 ng/l, nei giorni appresso al Referendum sull’Autonomia del Veneto, ottobre 2018. Come scrissi allora, l’acqua referendaria sarà da conservare negli annali della nostra idiozia. Spannoveneta. Cosa voterete il 26 di maggio? Ancora questi tergiversori di acque cristalline “oligominerali”, come diceva il Sindaco Gentilin di Arzignano?

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La serata con Robert Bilott, Teatro di Lonigo, 1 ottobre 2017 [v. report e foto]

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IL COMUNICATO DI QUERELA DELLA REGIONE VENETO

Con questo Comunicato di Querela la Regione mi diffida, anzi mi diffama, probabilmente mi calunnia, omettendo parti contestuali determinanti per la comprensione delle mie dichiarazioni alla radio, senza nessuna possibilità di replica, visto che i giornali di regime, il Giornale di Vicenza e l’Arena, non hanno riportato una sola virgola delle mie dichiarazioni di replica chiestemi espressamente per telefono e inviate pure via mail ai giornalisti X e Y.

Leggiamo il Comunicato Stampa siglato CS604 (molto simile al C6O4!!!) e facciamo un’analisi del testo. Prima della mia immaginaria lettera di contro-querela.

COMUNICATO C604 del 18/04/2019 REGIONE DEL VENETO >> [v. link fatto sparire dalla Regione e per fortuna da noi salvato e copiaincollato]
L’Avvocatura regionale ha comunicato che sta istruendo la proposizione di una denuncia querela nei confronti del signor Alberto Peruffo di Montecchio  Maggiore,  per le dichiarazioni di carattere diffamatorio dallo stesso rese nel corso della trasmissione radiofonica “Centocittà” di Radio Uno Rai del giorno 17 aprile 2019.
Nel corso della trasmissione si è trattato della contaminazione del territorio veneto da pfas e della recente scoperta di queste sostanze anche nelle acque del Po provenienti da altre regioni.
Nel contesto, il signor Peruffo è stato intervistato in qualità di portavoce  “Comitato no pfas”,  dopo due interventi effettuati prima dal dr. Nicola  Dell’Acqua, commissario nominato dal Governo per la sicurezza ambientale a seguito dell’inquinamento da PFAS, e quindi dall’assessore regionale all’ambiente, ing. Giampaolo Bottacin.
Il signor Peruffo, a commento della illustrazione dello stato dell’inquinamento nel territorio reso dal rappresentante regionale e dal Commissario del Governo, della emergente constatazione che la contaminazione costituisce un fatto nazionale, come testimoniato dalla scoperta della presenza dei PFAS nelle acque del Po, nonché delle varie iniziative prese dalla Regione sia per la tutela ambientale che per la prevenzione e cura delle popolazioni contaminate, ha accusato chi lo ha preceduto di avere con tali illustrazioni posto “vile depistaggio oggi fare emergere questo, diciamo, inquinamento sul Po. Noi tutti sappiamo che il Po riceve scarichi inquinanti (…)”.
L’autore ha poi proseguito addebitando all’assessore Bottacin fatti inesatti e non veritieri con le espressioni: “Come possiamo noi aver fiducia di persone come Bottacin o di gente come lui, che negavano la questione pfas mettendo la clessidra davanti a Piergiorgio Boscagin, presidente di Legambiente Perla Blu e accusandolo di procurato allarme  (….) Lo stesso Bottacin che nascose i documenti sanitari di Mantoan in un cassetto (…)”.
Dette accuse, smentite già in trasmissione dallo stesso Assessore, distorcono i fatti e le attività compiuti nell’interesse della collettività regionale. In particolare non è fondata l’accusa rivolta a Bottacin di aver messo in un cassetto una relazione igienico sanitaria sugli effetti dell’inquinamento sulla popolazione proveniente dal Direttore della sanità regionale, dr. Domenico Mantoan. E’ infatti stato riscontrato che quella relazione fu invece portata immediatamente alla Procura della Repubblica di Vicenza dallo stesso assessore a due giorni lavorativi di distanza dal momento in cui la ricevette.

  1. Innanzitutto il primo passo ridicolo dice: «scoperta di queste sostanze anche nelle acque del Po provenienti da altre regioni». Che sia una “scoperta” – quindi recente – è falso. Per non dire “anche”. Lo si sa almeno dal 2013, secondo fonti ufficiali, vulgate. Dal 2011 secondo fonti autorevoli e certificate. E proprio a partire dal Po si risalì alle fonti primarie, Miteni e Solvay. Altro che “anche!!”. Vedi APPENDICE 1.
  2. Il secondo passo in esame non è ridicolo, ma manipolazione di opinione personale con omisissis ante e post da quanto me riferito: «Il signor Peruffo, a commento  […] ha accusato chi lo ha preceduto di avere con tali illustrazioni posto “vile depistaggio oggi fare emergere questo, diciamo, inquinamento sul Po. Noi tutti sappiamo che il Po riceve scarichi inquinanti (…)”». A parte la sintassi di composizione, da seconda elementare, faccio notare che ho anticipato con «… questa è la mia opinione personale, io credo che…» quanto stavo per affermare sul Po: che è un vile depistaggio, oggi!!!, fare emergere questo, per i fatti sopraesposti e altri che leggerete sotto, e che non potevo dire in diretta, fatti che comunque erano sottintesi e che non ho potuto precisare perché mi è stato tolta la voce, alla fine del mio intervento! Si omette pure questo importante passo consecutivo: «quante discariche ci sono come quella di Torretta che con i suoi fanghi densi di PFAS sono vicine al Po?». Omissis gravissimi e intenzionali. Aperta parentesi: andate a vedere chi ha dato il via libera a smaltire PFAS nelle discariche, come quella di Sant’Urbano. E al suo nuovo inceneritore, nel novembre 2018. Quest’ultimo, lo firmò il Commissario PFAS Dell’Acqua. A Sant’Urbano le tonnellate di PFAS trattate percolano probabilmente sull’Adige, che non è il Po. Ma chi se ne frega. Il Po è questione nazionale. L’Adige, di chi ci vive.
  3. Si parla quindi di fatti inesatti e non veritieri, a me addebitati. Si noti che uso il plurale nel primo periodo, av-veduta-mente: «Come possiamo noi aver fiducia di persone come Bottacin o di gente come lui, che negavano la questione pfas mettendo la clessidra davanti a Piergiorgio Boscagin, presidente di Legambiente Perla Blu e accusandolo di procurato allarme  (….)» – sia nel soggetto, sia nell’oggetto, dell’accusa (Bottacin e altri). Il tutto per riassumere fatti – dalla famosa clessidra, alla denuncia per procurato allarme a Veronella nel 2014 – che molti conoscono. Nella seconda parte del periodo passo al singolare, perché il fatto da addebitare, nel caso del passaggio radio, è solo a Bottacin. Cito il “nascondimento” di un famoso documento, riportato sulla stampa, nel Corriere della Sera e in altre testate. A nasconderlo furono accusati più di una persona. In radio ce n’era una sola. Bottacin. Il singolare allora è pertinente. È curioso – e chiedo alla magistratura di indagare – che nel GdV del 30 aprile 2019 Bottacin dichiari non solo di avere portato quello stesso documento alla Procura due giorni dopo (per noi ininfluente, poiché atto non rilevante: quel documento doveva essere condiviso con tutte le parti in gioco che tutelano la salute, non con la Procura), ma addirittura a casa di Zaia. Non si spiega allora l’infuriata di Zaia sui giornali [v. qui il famoso articolo, in una delle tante versioni]. O è Zaia a contare balle, a mentire, oppure tutto era premeditato, se il 30 di aprile del 2019 Bottacin dichiara quelle che abbiamo letto. Affari comunqe di Bottacin, a quanto pare, non nostri. Bottacin quereli anche Corriere della Sera, Vvox e altre testate insieme a me. Nel frattempo tutti ci chiediamo dove siano spariti Mantoan, e altri medici come lui (vedi medici Spisal interni alla Miteni che avevano fatto i prelievi agli operai), dopo l’arrivo del grande super commissario Dell’Acqua.
  4. Infine, il CS della Regione omette pure quello che segue e che aggiungeva elementi fondamentali di quando detto prima. Anzi, destava maggiore timore di tutto il resto, ed è per questo che è stato gravemente omesso: «Che vengano qui [a Montecchio Maggiore] a dirci quanti C6O4 – l’Arpav ce l’ha detto – [abbiamo]. Qua è il vero problema, vicino alla Miteni, nel Veneto profondo. […] Io vorrei chiedere agli assessori come mai non ci hanno ancora consegnato le georeferenze sugli alimenti. E sottolineo questo, la questione alimentare farà crollare la Regione Veneto. Questo le dico». Guardate ora dove è arrivato il C6O4, sul GdV di questi giorni, fino a Creazzo, e chiedetevi la ragione di questa assurda minaccia di querela. Troppo buoni, siamo. Lo fui anche per radio, dove, seppure nella durezza dei miei toni, non ho usato – ora che lo riascolto – una sola parola volgare od offensiva.

Detto ciò, passo alla mia lettera di contro-querela immaginaria, essendo cittadino danneggiato e calunniato, oltre che contaminato da PFAS, poiché non ho avuto contradditorio sulle testate usate dalla Regione. Ovviamente la indirizzo a quella parte della Regione che ha minacciato di querelarmi. Premetto, la Regione e Bottacin avevano una possibilità: quella di dire – «abbiamo sbagliato e ora stiamo facendo il meglio possibile» – invece di raccontare di essere i primi al mondo, dicendoci mezze verità. Un po’ di umiltà e di precisione avrebbe risolto tutto. Altro che minacce di querele. Questo io penso. Come libero pensatore.

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Una montagna di articoli dopo la trasmissione Cento Citta Radio Rai 1. Nessun diritto di replica?

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LETTERA DI FUOCO IMMAGINARIO

La mia lettera di fuoco potrebbe iniziare in questo modo. Così me la sono sognata e trascritta, tra un caffé e l’altro. Vorrei tuttavia non dimenticare che i PFAS sono stati associati proprio e troppo spesso al caffè dai nostri amministratori, tanto che oggi la mia paura è che diventino futura camomilla se sparsi per il resto d’Italia. Una lettera di fuoco è perciò necessaria, per quanto immaginaria. Per ridare valore al caffé e alla sveglia a cui spesso lo si associa.

Gentili Querelanti,
vi sottopongo la controquerela – il contro/lamento – al vostro lamento.
Il mio controqueri al vostro queri. Queri in latino significa lamentarsi. Ma il mio controcanto non vuole essere un vacuo lamento, una minaccia lanciata sui grandi media, che ascoltano solo i pre/potenti, ma un grido di battaglia e di strategia ai compagni di lotta, lanciato sulla strada, nelle piazze.

Siamo infatti una prima linea di compagni, formata da tanti io, che insieme ai molteplici tu, agli altri, diventa un noi. Dietro ai quali un arcipelago, una moltitudine di cittadini e attivisti no pfas è scesa per le strade, nelle piazze, un arcipelago formato da una miriade di persone e associazioni, molte delle quali hanno già preso posizione contro la vostra minaccia di querela nei confronti di un singolo volontario. Per intimidire una voce che è solo la connessione di molte. Le quali tutte possono formare un controcanto corale contro la vostra arroganza di usare un’avvocatura pubblica per intimidire un singolo cittadino. Fatto mai accaduto. Un j’accuse collettivo contro la spannometria.

Questa lettera programmatica la invio soprattutto ai miei compagni, come segno della crisi necrotica – del crollo – in cui è entrata la Regione Veneto, sulla questione PFAS. E affermo:

  1. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto per il Comunicato sopra, con omissis e manipolazioni, per reato di calunnia verso un singolo cittadino reo di avere espresso un’opinione personale e un dubbio di fiducia, durante una trasmissione radio dove l’indignazione emotiva è parte ammessa dal format aperto, informale, che un mass-media comporta, senza possibilità di replica sugli stessi giornali usati dalla Regione per i suoi comunicati e interviste ad hoc.
  2. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto e il dirigente Arpav per la diffusione di notizie equivoche, come quella di essere stata lei, la Regione o la Provincia, a fermare la Miteni [v. GdV 28/04/2019], o di paragonare i flussi del Po con quelli della Poscola [ibidem], o affermare che le acque di superficie del Po siano paragonabili a quelle di profondità [ibidem], di falda, che alimentano le fonti della popolazione contaminata, come se la popolazione stessa bevesse direttamente sulle acque fetide del Po.
  3. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto, in particolare il Dirigente Arpav – non gli operatori che rispettiamo e stimiamo per le 50000 analisi o più fatte – per la grave affermazione che un’operatore Arpav non deve sapere cosa deve ricercare [ibidem]. Un operatore no, ma è inconcepibile che non lo faccia un dirigente, soprattutto conoscendo la mole di documentazione prodotto dal caso DuPont negli Stati Uniti, accessibile al mondo intero. Lo stesso C6O4 è registrato sul Registro REACH nel 2011, 8 anni fa, diversamente da quanto si legge nello stesso articolo. La questione GIS/C6O4/Arpav/buchi-neri la trovate in questo scottante documento come approfondimento del GIS di PFAS.land (dal cui sito potete accedere anche ai nuovo GIS su GenX e C6O4!, riportati in calce), redatto come traccia di lavoro e di indagine futura. A firma di Davide Sandini. Da studiare.
  4. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto – in particolare Zaia – per avere promesso 7000 carotaggi, o forse 700, e averne fatto nemmeno 70 a maglia stretta nei perimetri più a rischio del sito contaminato Miteni.
  5. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto e la Provincia di Vicenza per la confusione fatta tra sostanze di nuova e vecchia generazione, per aver concesso l’AIA nel 2014 secondo le modalità redatte [v. articolo in calce di Greenpeace], per avere concesso il Cogeneratore/Inceneritore nel 2017 e per avere permesso alla Miteni di lavorare i rifiuti del GenX per molti anni, fino all’intervento del governo olandese nel 2018. Il GenX fu brevettato nel 2005! Nuova generazione… per chi?
  6. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto per avere promesso le analisi in zona arancione a Minerbe e in mille altre occasioni, e averle mai fatte, facendoci vivere nel dubbio, facendo passare la sorveglianza sanitaria – peraltro fatta male, con famiglie lasciate allo sbando – per grande indagine epidemiologica [v. Position Paper Medici ISDE, 15 maggio 2019, in calce]. L’allora Assessore della Sanità Coletto ha fatto carriera diventando ora Sottosegretario alla Sanità.
  7. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto per avere promesso le georefernze alimentari  in mille occasioni, e di non averle ancora consegnate, nel dettaglio, facendoci vivere nel dubbio non solo su ciò che beviamo, ma su quello che mangiamo, non fornendo pure dati leggibili/aggregati alla popolazione sui pozzi.
  8. Io, noi, controquereliamo il Ministero all’Ambiente, la Regione Veneto e i Sindaci dei Comuni coinvolti per non avere avvisato la popolazione nel 2013 che erano stati messi dei filtri su acque che erano contaminate, di cui i primi dati appaiono al Ministero nel 2011. Tenendo all’oscuro la popolazione che poteva almeno scegliere di far bere ai propri figli acqua con zero pfas in bottiglia, e non con tanti o pochi, dal rubinetto, a seconda della zona, senza saperlo… PFAS abbattuti in modo massivo solo nei pressi del Referendum sull’Autonomia del Veneto, ottobre 2018. Ciò non toglie che vogliamo essere risarciti per tutta l’acqua in bottiglia che stiamo comprando, a prescindere e soprattutto per la mancanza di fiducia – verso i filtri – visto quanto sopra.
  9. Io, noi, controquereliamo il Ministero dell’Ambiente e la Regione Veneto per non avere monitorato con attenzione una fabbrica sotto Direttiva Seveso, già colpevole di un disastro ambientale di grandissima portata fine anni Settanta, posizionata sopra una falda da dove doveva essere tolta ancora nei primi anni Ottanta, di non averla ancora bonificata e di averla ceduta – mediante trattativa in corso [v. GdV 4 e 11/05/2019] coperta da una procedura fallimentare molto sospetta di cui è responsabile il Tribunale – ai vecchi proprietari per mettere in sicurezza la barriera idraulica, per installare una fabbrica non chimica, con il rischio di una finta bonifica o peggio di una bonifica soft.
  10. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto per non avere tutelato PER TEMPO la salute dei propri cittadini e dei lavoratori della MITENI – lasciati per anni vergognosamente a se stessi – con gli strumenti, le procedure, le conoscenze che erano a disposizione dei propri dirigenti.

Chi vi scrive ha contaminante in corpo. Non ho altro da aggiungere.

ap
Montecchio Maggiore, 22 maggio 2019

Cover GIS MONTAGNA 2
COVER: fotocomposizione di Giacomo Peruffo. Dalle creste del Pasubio si osserva il GIS della contaminazione

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APPENDICE 1. CRONISTORIA RICERCHE SUL PO

2006/7 Progetto Europeo Perforce; Riverine Discharge of Perfluorinated Carboxylates from the European Continent MICHAEL S. MCLACHLAN, KATRIN E. HOLMSTRO, MARGOT RETH, AND URS BERGER Department of Applied Environmental Science (ITM), Stockholm University, SE-106 91 Stockholm, Sweden
https://pubs.acs.org/doi/pdf/10.1021/es071471p

10/1/2011, durata 24 mesi (scadenza gennaio 2013): Studio IRSA-CNR in convenzione con il Ministero dell’ambiente Italiano, effettuato da Stefano Polesello, relazione pubblicata solo nell’ottobre 2013: https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/reach/progettoPFAS_ottobre2013.pdf

5/05/2011 Polesello campiona lo scarico Miteni in presenza di un tecnico Arpav, assieme allo scarico Arica, rinvenute allo scarico Miteni quantità elevatissime di PFBS (4,8 milioni di ng/l)

4/06/2013 Comunicazione del Ministero alla Regione, inizio formale del caso Pfas in Veneto: prot. n° 0060628 del 04/06/2013 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) che segnalava la presenza anomala di sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS ) in diversi corpi idrici superficiali e nei punti di erogazione pubblici delle acque della provincia di Vicenza e comuni limitrofi.

Ottobre 2013 Convegno di presentazione della ricerca IRSA-CNR del 2011.

4/06/2015 prima traccia del file della ricerca IRSA-CNR del 2011, pubblicato sul sito del Ministero dell’Ambiente. Data di creazione del file ottobre 2013, ultima modifica 11 marzo 2015.

Luglio 2018 Sintesi Greenpeace su GenX: «In base a quanto esposto nel presente documento, emergono in modo inequivocabile le negligenze delle autorità locali venete. Quelle stesse autorità che, con estrema leggerezza, hanno prima autorizzato nel 2014 la conversione di parte di un impianto chimico, già noto per le sue gravi responsabilità nell’inquinamento da PFAS, in un impianto di trattamento di rifiuti pericolosi e solo negli ultimi mesi, su sollecitazione del governo olandese, avviato un programma di monitoraggio relativo alla presenza di GenX nelle acque. Si tratta di quelle stesse autorità che si professano così all’avanguardia nel gestire un fenomeno di inquinamento tra i più vasti d’Europa ma che, di fatto, con le loro negligenze hanno trasformato, legalmente, parte del Veneto in una Regione dove è concesso il trattamento di rifiuti chimici pericolosi».

20/04/2019 Sul sito della Regione Veneto appare il file con la Ricerca IRSA-CNR del 2011.

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APPENDICE 2. AUDIZIONE 7 MAGGIO 2019

Fabio PascarellaResponsabile dell’area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) >> LINK CAMERA AUDIZIONE

Una cosa molto importante sulla tecnica che non smettiamo mai di dire è che qui il problema fondamentale adesso è far capire a tutti, noi per primi, Agenzie, Ministero e regioni, che vanno assolutamente messi insieme i dati. Abbiamo moltissimi dati. Abbiamo realizzato anche un progetto che abbiamo cercato di far accettare alla regione Basilicata e all’ARPA Basilicata, in pratica un progetto secondo il quale noi cerchiamo di raccogliere tutti i dati ambientali che esistono e di metterli tutti insieme in un sistema geografico. Questo ci consente di monitorare meglio l’andamento delle matrici. Adesso abbiamo tutti i dati sparpagliati – perdonatemi il termine poco italiano – completamente poco organizzati. 
È anche un dispendio di denaro pubblico. La maggior parte di questi dati è raccolta con soldi pubblici. Questi dati vengono presi, stampati e messi da una parte. Noi abbiamo perso due mesi in una regione italiana per riprendere tutti i dati già esistenti dagli armadi, li abbiamo convertiti in fogli Excel e li abbiamo messi in un sistema geografico. Questo ci ha consentito di risparmiare decine di migliaia di euro nelle indagini, perché avevamo moltissimi dati pronti. Era inutile spendere altri soldi. Questo è importantissimo. Non riusciamo a convincere nessuno a farlo. 
Al Ministero stesso non riusciamo a realizzare un sistema geografico degno di tal nome. Il Ministero ha migliaia di dati. Per alcuni siti lo stiamo facendo per conto nostro, ci mettiamo lì e ce li carichiamo, ma è una follia. Basterebbe un portale sul quale la persona presente al piano della caratterizzazione carica i dati, così tu istruttore, tu cittadino, hai modo di andare su quel portale e vedere quali sono le qualità delle matrici che stanno dietro casa tua, non devi andare nell’armadio dell’ARPA a perdere due mesi per tirarli fuori. È importantissimo, sia per trasparenza nei confronti dei cittadini sia per trasparenza del processo amministrativo sia tecnicamente. 
Per i valori di fondo io ho bisogno di «n» dati. Altro è che li raccolgo ex novo e mi costano centinaia di migliaia di euro, perché devo fare sondaggi, piezometri e analisi. Altro è se, invece, ho già quei dati nell’armadio e li posso prendere, organizzare e farci delle esercitazioni statistiche, che per me è molto meglio. È il Paese che va avanti. Non si riesce a farlo capire. Non sappiamo più come dirlo. Sembriamo dei pazzi che continuano a chiedere dei geo database mentre tutti ci chiedono che vogliamo con questa richiesta. È allucinante. 
Abbiamo visto che in val Basento ci sono 200 piezometri. Lì ci sono migliaia di dati. In due mesi ce li siamo scaricati tutti, organizzati e messi sul GIS, ma non è possibile che un Paese nel 2019 funzioni così, ancora ad andare in giro con i fogli stampati di Excel. Non è plausibile.

PFAS >> http://qgiscloud.com/davide_ttk/Arpav_2019_4/
GenX >> http://qgiscloud.com/davide_ttk/GenX/
C6O4 >> http://qgiscloud.com/davide_ttk/cc6o4/

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DOCUMENTI RECENTI

BUCHI NERI SUI PFAS di Davide Sandini >> buchi_neri_pfas_davide_sandini_paper_01
POSITION PAPER di Medici ISDE >> https://www.isde.it/cosa-facciamo/pubblicazioni-scientifiche/2019-04-09-position-paper-pfas/

DOCUMENTI STORICI

LE SETTE VERITA SUL GENX di Greenpeace >> https://storage.googleapis.com/planet4-italy-stateless/2018/11/a81718bc-a81718bc-sette_scomode_verita%CC%80_sul_genx.pdf
L’ALLARME SANITARIO di Domenico Mantoan [“nascosto dalla politica”] >> https://pfasland.files.wordpress.com/2018/10/mantoanpfas.pdf
NON TORNERANNO I PRATI, il libro che ricostruisce la battaglia No Pfas e altre questioni territoriali, di Alberto Peruffo >> https://casacibernetica.wordpress.com/2019/03/18/non-torneranno-i-prati-in-libreria-cierre-pubblica-il-primo-libro-di-alberto-peruffo-storie-e-cronache-esplosive-di-pfas-e-spannoveneti/

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alberto_peruffo_CC
Antersass Casa Editrice
MONTECCHIO MAGGIORE – VI

15 Comments

  1. Che dire se non grazie Alberto per il pregevole lavoro della cronistoria, per la tua analisi serrata e documentata dei fatti e per la passione che pratichi da decenni a difesa dell’ambiente e dei diritti umani fondamentali, senza se e semza ma. Controquerelo assieme a te, perché la libertà di opinione è inalienabile, a maggior ragione per chi si spende per la denuncia delle illegalità sostenendo a proprie spese un lavoro di ricerca, di studio e di osservazioni al fine di tutelare la salute di tutti, compito spesso disatteso dagli organi cosiddetti competenti. The devil we know.

  2. Ciao Alberto. Ho condiviso il tuo articolo nel Comitato MarciaStopPesticidi e nel Forum Salviamo il paesaggio Asolo Castellano, anticipando la condivisione del testo della tua controquerela immaginaria con questa premessa: CHI GHA DA DAR, GHA DA AVER, detto veneto. Contro-querela immaginaria alla Regione, da parte di Alberto Peruffo (uno dei contaminati da Pfas) reo di aver usato l’espressione “vile depistaggio” a proposito dell’accostamento da parte di Zaia dell’inquinamento da pfas delle falde all’inquinamento superficiale di composti simili presenti sulle acque di superficie del Po.

    “Io, noi, contro quereliamo la Regione Veneto per il Comunicato sopra, con omissis e manipolazioni, per reato di calunnia verso un singolo cittadino reo di avere espresso un’opinione personale e un dubbio di fiducia, durante una trasmissione radio dove l’indignazione emotiva è parte ammessa dal format aperto, informale, che un mass-media comporta, senza possibilità di replica sugli stessi giornali usati dalla Regione per i suoi comunicati e interviste ad hoc. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto e il dirigente Arpav per la diffusione di notizie equivoche, come quella di essere stata lei, la Regione o la Provincia, a fermare la Miteni [v. GdV 28/04/2019], o di paragonare i flussi del Po con quelli della Poscola [ibidem], o affermare che le acque di superficie del Po siano paragonabili a quelle di profondità [ibidem], di falda, che alimentano le fonti della popolazione contaminata, come se la popolazione stessa bevesse direttamente sulle acque fetide del Po. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto, in particolare il Dirigente Arpav – non gli operatori che rispettiamo e stimiamo per le 50000 analisi o più fatte – per la grave affermazione che un’operatore Arpav non deve sapere cosa deve ricercare [ibidem]. Un operatore no, ma è inconcepibile che non lo faccia un dirigente, soprattutto conoscendo la mole di documentazione prodotto dal caso DuPont negli Stati Uniti, accessibile al mondo intero. Lo stesso C6O4 è registrato sul Registro REACH nel 2011, 8 anni fa, diversamente da quanto si legge nello stesso articolo. La questione GIS/C6O4/Arpav/buchi-neri la trovate in questo scottante documento come approfondimento del GIS di PFAS.land (dal cui sito potete accedere anche ai nuovo GIS su GenX e C6O4!, riportati in calce), redatto come traccia di lavoro e di indagine futura. A firma di Davide Sandini. Da studiare. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto – in particolare Zaia – per avere promesso 7000 carotaggi, o forse 700, e averne fatto nemmeno 70 a maglia stretta nei perimetri più a rischio del sito contaminato Miteni. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto e la Provincia di Vicenza per la confusione fatta tra sostanze di nuova e vecchia generazione, per aver concesso l’AIA nel 2014 secondo le modalità redatte [v. articolo in calce di Greenpeace], per avere concesso il Cogeneratore/Inceneritore nel 2017 e per avere permesso alla Miteni di lavorare i rifiuti del GenX per molti anni, fino all’intervento del governo olandese nel 2018. Il GenX fu brevettato nel 2005! Nuova generazione… per chi? Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto per avere promesso le analisi in zona arancione a Minerbe e in mille altre occasioni, e averle mai fatte, facendoci vivere nel dubbio, facendo passare la sorveglianza sanitaria – peraltro fatta male, con famiglie lasciate allo sbando – per grande indagine epidemiologica [v. Position Paper Medici ISDE, 15 maggio 2019, in calce]. L’allora Assessore della Sanità Coletto ha fatto carriera diventando ora Sottosegretario alla Sanità. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto per avere promesso le georefernze alimentari in mille occasioni, e di non averle ancora consegnate, nel dettaglio, facendoci vivere nel dubbio non solo su ciò che beviamo, ma su quello che mangiamo, non fornendo pure dati leggibili/aggregati alla popolazione sui pozzi. Io, noi, controquereliamo il Ministero all’Ambiente, la Regione Veneto e i Sindaci dei Comuni coinvolti per non avere avvisato la popolazione nel 2013 che erano stati messi dei filtri su acque che erano contaminate, di cui i primi dati appaiono al Ministero nel 2011. Tenendo all’oscuro la popolazione che poteva almeno scegliere di far bere ai propri figli acqua con zero pfas in bottiglia, e non con tanti o pochi, dal rubinetto, a seconda della zona, senza saperlo… PFAS abbattuti in modo massivo solo nei pressi del Referendum sull’Autonomia del Veneto, ottobre 2018. Ciò non toglie che vogliamo essere risarciti per tutta l’acqua in bottiglia che stiamo comprando, a prescindere e soprattutto per la mancanza di fiducia – verso i filtri – visto quanto sopra. Io, noi, controquereliamo il Ministero dell’Ambiente e la Regione Veneto per non avere monitorato con attenzione una fabbrica sotto Direttiva Seveso, già colpevole di un disastro ambientale di grandissima portata fine anni Settanta, posizionata sopra una falda da dove doveva essere tolta ancora nei primi anni Ottanta, di non averla ancora bonificata e di averla ceduta – mediante trattativa in corso [v. GdV 4 e 11/05/2019] coperta da una procedura fallimentare molto sospetta di cui è responsabile il Tribunale – ai vecchi proprietari per mettere in sicurezza la barriera idraulica, per installare una fabbrica non chimica, con il rischio di una finta bonifica o peggio di una bonifica soft. Io, noi, controquereliamo la Regione Veneto per non avere tutelato PER TEMPO la salute dei propri cittadini e dei lavoratori della MITENI – lasciati per anni vergognasamente a se stessi – con gli strumenti, le procedure, le conoscenze che erano a disposizione dei propri dirigenti. Chi vi scrive ha contaminante in corpo. Non ho altro da aggiungere.”

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  3. Con stima un grazie infinito da me mamma (contaminata) di 2 bimbi (contaminati), donna, persona catapultata dal 2013 in questa storia che ha dell’ignobile e fa non arrabbiare ma vomitare, grazie per metterci tutto il tuo sapere, per metterci la faccia ed è proprio il caso di dire la salute.

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